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ANAC: la S.A. è tenuta a valutare l’affidabilità dell’Amministratore di fatto

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Con plurimi esposti, da ultimo acquisiti al prot. Anac con il numero 1588 del 04.01.2024 il Procuratore legale dell’impresa Omissis s.r.l. segnalava l’adozione della misura del divieto di contrarre con la p.a. in capo all’amministratore di fatto dell’impresa concorrente omissis S.r.l. L’Autorità, preso atto di tale esposto ha inoltrato, con nota prot. n. 63579 del 08.03.2024 comunicazione di avvio del procedimento, contestando all’amministrazione la mancata valutazione in ordine all’affidabilità dell’operatore omissis S.r.l. a fronte della misura cautelare del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno emessa da parte del GIP del Tribunale di Catanzaro, nell’ambito del procedimento penale 5768/2016 R.G.N.E. nei confronti di omissis amministratore di fatto dell’impresa omissis S.r.l., per i reati di turbativa d’asta e associazione a delinquere di stampo mafioso, in riferimento ai quali risulta recentemente rinviato a giudizio. Con nota acquisita al prot. Anac con il numero 40290 del 27.03.2024 il Comune ha fornito il riscontro a firma del Rup il quale, nel ripercorrere la vicenda rappresentava che “Nel merito della mancata valutazione in ordine all’affidabilità dell’operatore omissis Srl oggetto dell’odierna istruttoria, si precisa che l’Ente, è venuto a conoscenza con prot. n. 11226 del 11.07.2023 della società Omissis Srl, dell’inchiesta penale (operazione Glicine) che ha coinvolto il coniuge del legale rappresentante dell’impresa omissis Srl (seconda classificata) quando già in data 21.06.2023 era stato stipulato il contratto d’appalto Rep. n. 44/2023 con la società omissis Srl. Conseguentemente, stante la pendenza del contenzioso sull’aggiudicazione instaurato dall’operatore omissis Srl come in precedenza descritto, in via prudenziale ed al fine di dare maggiore certezza all’azione amministrativa di verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, l’Ente ha formalizzato in via diretta tramite la piattaforma B.D.N.A. n. 3 richieste di comunicazione antimafia per l’impresa omissis Srl” (…) “Inoltre, con nota prot. n. 1409 del 22.01.2024, stante il mancato riscontro della comunicazione in questione l’Ente ha sollecito direttamente la Prefettura di Roma con carattere di urgenza chiedendo le verifiche di competenza in funzione dei controlli antimafia sull’impresa, rimasti senza esito. Si precisa, altresì, che il Comune di Sellia Marina con nota prot. n. 1041 del 17.01.2024, ha chiesto la collaborazione della Guardia di Finanza – Comando Provinciale di Catanzaro tesa a sollecitare/verificare ogni ulteriore accertamento di competenza in funzione dei controlli antimafia sull’impresa omissis Srl”. Come evidenziato nelle premesse fattuali, la problematica in esame attiene alla mancata valutazione dell’affidabilità dell’operatore e del permanere della sussistenza dei requisiti generali in capo allo stesso a fronte delle vicende giudiziarie venute in rilievo. La disposizione della misura cautelare del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, emessa nei confronti dell’amministratore di fatto dell’impresa, ed il rinvio a giudizio di questi, costituiscono, infatti, elementi da cui dedurre la scarsa integrità della stessa, rilevando, dunque, quali cause di esclusione ai sensi dell’articolo 80 c. 5 lett. c) D.lgs. 50/2016 applicabile ratione temporis. Sebbene l’amministratore di fatto non rientri tra i soggetti di cui all’articolo 80 comma 3 D.lgs. 50/2016 cui riferire le cause di esclusione, secondo la giurisprudenza amministrativa, qualora sussistano elementi univoci e concordanti sul ruolo di amministratore di fatto assunto da un determinato soggetto, la perdita dei requisiti generali in capo al medesimo può riversarsi sull’operatore economico con la conseguente esclusione dalla procedura (in tal senso Cons. St., Sez. IV, 03.02.2022, n. 768). Coerentemente con tale impostazione l’articolo 94 comma 3 del Nuovo Codice D.lgs. 36/2023 ha introdotto, tra i soggetti cui riferire le cause di esclusione, anche la figura dell’amministratore di fatto, stante il ruolo fondamentale che può assumere all’interno delle compagini d’impresa. In particolare, i fatti per cui risulta indagato e rinviato a giudizio l’amministratore di fatto attengono alla attività della società e non sono confinati nella sfera personale dell’amministratore sottoposto a procedimento penale, con la conseguenza che essi assumono rilevanza giuridica ai fini della partecipazione alla procedura di gara in oggetto. A prescindere dalle responsabilità penali di natura personale, l’attività materiale attuata, non può che essere imputata alla società in nome e per conto della quale l’amministratore ha agito (in tal senso Consiglio di Stato, 1 giugno 2022, n. 4442). Come noto, i requisiti di partecipazione alla gara devono essere posseduti dai concorrenti, non solo alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, ma per tutta la durata della procedura fino alla stipula del contratto e per tutto il periodo di esecuzione, senza soluzione di continuità, e pertanto, l’eventuale sopravvenienza di fatti idonei a ledere l’integrità deve essere valutata dalla stazione appaltante L’articolo 80 comma 5 lett. c) D.lgs. 50/2016 non prevede, infatti, l’automatica esclusione del concorrente, ma richiede il previo discrezionale apprezzamento della stazione appaltante, rilevando quali circostanze significative ai fini dell’esclusione, “gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento, a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell’illecito” (Linee Guida n. 6 adottate con Delibera n. 1008 del 11 ottobre 2017 recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi di cui all’art. 80, co. 5 lett. c) del Codice”). Per la giurisprudenza consolidata l’illecito professionale è rinvenibile “ogni qual volta si verifichino fatti tali da porre in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, in base ad una valutazione discrezionale che è rimessa alla stazione appaltante; tale valutazione, pertanto, è soggetta al controllo e al sindacato giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti “ (ex multis: Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10936). Altresì, secondo i giudici amministrativi non è necessario che i gravi illeciti professionali siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri accertamenti ed elementi di prova quali rinvii a giudizio oppure misure restrittive della libertà personale o patrimoniale, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione codicistica è meramente esemplificativa, rimettendo poi alla stazione appaltante la valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti (ex multis: Consiglio di Stato, sez. V, 27.09.2019 n. 1367). In particolare, come anche affermato dall’Autorità la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria “pur non producendo un automatico effetto espulsivo dell’operatore economico e non essendo idonea a determinarne l’esclusione per falsa dichiarazione (ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice), è riconducibile all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del Codice laddove il concorrente non abbia assolto l’obbligo informativo ed è valutabile dalla SA quale grave illecito professionale” (Delibera n. 146 del 30.3.2022). Pertanto, al di fuori delle cause di esclusione tassativamente previste dal richiamato art. 80 D.lgs. 50/2016, in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante è demandato alla stessa un margine importante di discrezionalità con riferimento alla verifica del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), come causa ostativa alla partecipazione a gare d’appalto e alla stipula dei relativi contratti, potendo formare oggetto di valutazione, la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o la comminazione di una misura cautelare interdittiva in capo legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria (Delibera n. 146/2022; PREC 27/2022/L). La giurisprudenza ha, inoltre, definito puntualmente il contenuto della valutazione cui è tenuta la stazione appaltante qualora sia venuta a conoscenza di una condotta potenzialmente suscettibile di integrare un “grave illecito professionale” incidente sull’affidabilità e integrità del concorrente priva di portata escludente automatica, essendo la stessa tenuta ad una duplice valutazione: ovvero la sussistenza del “grave illecito professionale” e la lesione dell’affidabilità dell’impresa in merito all’esecuzione del contratto (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307) Quindi, il giudizio della stazione appaltante “non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione e il trattamento datogli in sede penale”, considerato che l’apprezzamento del medesimo fatto in sede penale e da parte dell’amministrazione ex art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti pubblici è ben distinto proprio per le diverse finalità istituzionali della valutazione e gli inerenti parametri normativi; non occorre un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni di inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione (e cioè che il fatto sia stato accertato in sede penale con sentenza definitiva), poiché l’amministrazione è investita di un autonomo e distinto apprezzamento in funzione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara” (Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2020, n. 7471 e 13 maggio 2021, n. 3772). Pertanto, nel caso di fatti oggetto di verifica in sede penale, è necessario che l’amministrazione effettui un’autonoma valutazione delle idonee fonti di prova e consideri le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente (Cons. Stato sez. V, 17 settembre 2018, n. 5424; Delibera n. 26 del 17.01.2024). Nel caso di specie, invece, la stazione appaltante non risulta aver compiuto alcuna valutazione in merito all’affidabilità dell’operatore a fronte della misura cautelare e del rinvio a giudizio dell’amministratore di fatto, essendosi limitata ad un’interrogazione della Banca Dati Nazionale Antimafia. Non possono, infatti, ritenersi accoglibili le considerazioni svolte dal Rup secondo cui “l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione codicistica è meramente esemplificativa, rimettendo poi alla stazione appaltante la valutazione in merito alla sussistenza dei presupposti, valutazione che si ribadisce in questa sede l’Ente ha inteso superare in funzione di garanzia per la PA mediante le plurime richieste di comunicazione antimafia”. Orbene sul punto preme chiarire che la misura del divieto di contrarre con la pa che viene in rilievo nel caso di specie, al pari di tutte le misure cautelari, è stata emessa dal tribunale, ovvero nello specifico dal GIP del Tribunale di Catanzaro – nell’ambito del procedimento penale 5768/2016 R.G.N.E. – ai sensi dell’articolo 289 bis c.p.p. Il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione – introdotto dalla L. 09.01.2019, n. 3 – prevede l’interdizione a concludere contratti con la P.A., fatto salvo l’ottenimento di prestazioni di un pubblico servizio, e nel caso in cui si proceda per delitti contro la Pubblica Amministrazione, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena fissati dall’art. 287 c.p.p. Pertanto, la misura in oggetto differisce dalla sanzione interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione che costituisce una sanzione amministrativa in capo all’ente/operatore economico, disciplinata dall’art. 9 comma 2 lett. c) del Dlgs. 231/20001 recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”. Trattasi, quindi, di provvedimenti diversi, aventi presupposti differenti, e riguardanti tipologie di esclusione parimenti diverse, ovvero facoltativa nel caso della misura cautelare integrante l’ipotesi del grave illecito disciplinare di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) D.lgs. 50/2016, ed invece obbligatoria in riferimento alla sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. f). Conseguentemente l’interrogazione nella Banca Dati Nazionale Antimafia svolta dal Rup non appare utile in quanto in essa sono riportante esclusivamente le interdittive antimafia disciplinate dal D.lgs. n. 159/2011, emesse dal Prefetto, che costituiscono un provvedimento amministrativo, di carattere preventivo, avente lo scopo di prevenire le infiltrazioni mafiose nel mercato mediante l’interdizione delle imprese che ne sono destinatarie, a contrarre con la P.A. o a ricevere erogazioni pubbliche, al fine di assicurare la tutela della concorrenza. Sotto altro profilo gravava in capo all’operatore economico la comunicazione di ogni eventuale elemento che potesse far emergere la scarsa integrità dello stesso, e, dunque, anche la misura cautelare disposta nei confronti dell’amministratore di fatto. L’omissione di tale obbligo informativo configura, infatti, la fattispecie della “omissione di una informazione dovuta ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) quando riguarda indagini penali e misure cautelari che per gravità sono idonee ad incidere sul giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico (Delibera n. 146 del 30.3.2022). Conformemente al principio dell’obbligo del possesso dei requisiti per tutta la durata dell’appalto, sussiste in capo all’operatore il dovere di comunicare prontamente l’eventuale sopravvenienza di fatti idonei a ledere l’integrità – come la pendenza delle indagini e dell’adozione della misura cautelare dell’operatore – in qualunque momento della procedura, e dunque non solo nella fase di presentazione delle offerte ma anche dopo l’aggiudicazione e per tutta la durata dell’esecuzione al fine di consentire all’amministrazione di effettuare una valutazione concreta ed effettiva sulla rilevanza di tali fatti. Come affermato dall’Autorità, infatti, la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria “pur non producendo un automatico effetto espulsivo dell’operatore economico e non essendo idonea a determinarne l’esclusione per falsa dichiarazione (ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice), è riconducibile all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del Codice laddove il concorrente non abbia assolto l’obbligo informativo ed è valutabile dalla SA quale grave illecito professionale” (Delibera n. 146 del 30.3.2022). Su tale circostanza, il Comune non ha fornito riscontro, pertanto è presumibile ritenere che l’operatore non abbia comunicato allo stesso il ricorrere di indagini penali o della misura cautelare, apprese dalla stazione appaltante in seguito alla segnalazione dell’operatore primo classificato.

Tutto ciò considerato e ritenuto, in esito all’istruttoria espletata nell’ambito del procedimento di vigilanza in epigrafe Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione nell’adunanza del 16 aprile 2024

DELIBERA – la non conformità della procedura in analisi al disposto di cui all’articolo 80 comma 5 lett. c) a fronte della mancata valutazione dell’affidabilità dell’operatore e del permanere della sussistenza dei requisiti generali in capo allo stesso a fronte delle vicende giudiziarie venute in rilievo;

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