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L’utilizzo delle procedure ordinarie nel sotto-soglia nel Nuovo Codice.

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-1. La tesi strettamente letterale. -2. Problemi di coordinamento con l’art. 49, co. 5. -3. Critica della tesi strettamente letterale. -4. Il parere dell’ANCI, di ANAC e altri commenti. -5. Conseguenze sull’esclusione automatica delle offerte anomale? -6. La RDO aperta su MePA come procedura mista “ordinaria – negoziata”. -7. Conclusioni. -8. Aggiornamenti: la circolare del MIT, le “spinte Europee” e i Comunicati dell’ANAC.


1. La tesi strettamente letterale

Come noto, nel Nuovo Codice (D. lgs. 36/2023), non è più presente la clausola generale –presente nel vecchio codice d. lgs. 50/2016, all’art. 36, co. 2: <<salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie>> – che consentiva l’utilizzo delle procedure ordinarie anche nel sotto-soglia. 

Nel Nuovo Codice, siffatta clausola è prevista soltanto nelle ipotesi di <<lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14>> (art. 50, co. 1, lett. d).

Pertanto, a differenza della previgente disciplina, adesso sembra preclusa la possibilità per le SA di optare per una procedura ordinaria nel sotto-soglia, fatta eccezione per i lavori sopra il milione di Euro.

Questa lettura sembra confermata da due dati normativi.


i. l’utilizzo dell’indicativo presente nella disposizione di cui all’art. 50, comma 1: <<Salvo quanto previsto dagli articoli 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14 con le seguenti modalità (..)>>.

ii. la previsione circa la possibilità di utilizzo delle procedure ordinarie nel sottosoglia prevista soltanto nella disposizione di cui alla lettera d, dell’art. 50, per i lavori sopra un milione di Euro, sembra confermare secondo il criterio “ubi lex voluit dixit, ubi tacuit noluit” l’interpretazione letterale per cui le procedure ordinarie non sono ammesse per il sotto-soglia ad eccezione di questa ipotesi.

Verso l’adesione alla tesi dell’interpretazione strettamente letterale (“dell’obbligatorietà”) sembra condurre anche l’esame della Relazione illustrativa al Codice: <<Il comma 1, lett. d) prevede che, in ipotesi di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie europee, la stazione appaltante, in luogo del ricorso alla procedura negoziata senza bando, possa utilizzare le procedure ordinarie, «previa adeguata motivazione». La disciplina del sottosoglia di cui al decretolegge n. 76 del 2020 (art. 1, comma 2) non contemplava il possibile ricorso alle procedure ordinarie, ciò al fine di imporre l’utilizzo delle procedure semplificate, da cui talvolta le stazioni appaltanti tendono a sfuggire, temendo i maggiori margini di discrezionalità da esse offerti. Al contrario, l’art. 36, comma 2 del decreto legislativo n. 50 del 2016, prevedeva l’utilizzo delle procedure ordinarie come facoltà sempre percorribile dalla stazione appaltante («salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie»). Nel comma 1, lett. d), in esame si è percorsa una via mediana, costituita dalla possibilità per le stazioni appaltanti, per gli appalti di lavori sottosoglia di importo più significativo, di impiegare le procedure ordinarie, ma «previa adeguata motivazione». Si tratta cioè non di libera opzione, ma della possibilità di accedere alle più complesse procedure ordinarie in esito a una specifica motivazione delle ragioni tecniche che, nel singolo caso, rendono preferibile – effettuato il dovuto bilanciamento degli interessi pubblici in gioco – l’utilizzo del più garantistico, ma più complesso, procedimento ordinario di gara a differenza di quanto nel vecchio Codice (D. lgs. 50/2016)>>. 


2. Problemi di coordinamento con l’art. 49, co.5.

Le criticità tuttavia non mancano.

Accogliendo la tesi (strettamente letterale) dell’obbligatorietà della previsione di cui all’art. 50, comma 1, ne discende inoltre che, al di sotto dei 140.000 per i servizi e dei 150.000 per i lavori, si è obbligati a procedere con affidamento diretto senza possibilità di ricorso alla procedura negoziata. Soluzione questa, che oltre ad apparire contraria ai principi (1), sembra mal conciliabile con la previsione di cui all’art. 49, co. 5, che consente alle Amministrazioni di procedere con la cd. procedura aperta al mercato (id est. procedura negoziata preceduta da indagine di mercato senza limitazione degli inviti). Difatti, aderendo alla “tesi dell’obbligatorietà”, si precluderebbe di fatto l’operatività dell’art. 49, comma 5, per i servizi sotto i 140.000 e per i lavori sotto i 150.000. Interpretazione questa che appare in contrasto con quanto previsto nelle linee guida ANAC n. 4 e con l’orientamento della consolidata giurisprudenza a cui il legislatore afferma – nella relazione illustrativa (2) – di riferirsi per la statuizione dell’art. 49, co. 5. 

In punto di rotazione, la questione assume quindi un particolare significato, rilevato che, accogliendo la tesi suddetta, nel caso in cui all’esito di una procedura negoziata cd. aperta al mercato (ex art. 49, co. 5), per un importo inferiore a 140.000 (servizi) o 150.000 (lavori), risulti vincitore proprio l’operatore uscente, il secondo in graduatoria potrebbe provare sostenere l’illegittimità della procedura negoziata in luogo dell’affidamento diretto. Dico <<provare>> perché soltanto astrattamente (3) potrebbe configurarsi un interesse ad agire mentre nel concreto – dimensione in cui rileva l’interesse ad agire- non vedo quale bene della vita possa ottenere; infatti, se anche si dovesse ritenere illegittimo l’utilizzo della procedura negoziata in luogo dell’affidamento diretto, in ogni caso, sarebbe difficile sostenere che l’affidamento diretto dovrebbe essere fatto proprio alla seconda classificata ricorrente, considerato che anche – in ipotesi – ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione, l’Amministrazione potrebbe procedere con affidamento diretto nei confronti di chiunque. Pertanto non sembra configurarsi un possibile concreto interesse a ricorrere.


3. Critica della tesi strettamente letterale.

L’interpretazione letterale dell’obbligatorietà, per quanto effettivamente fondata su un dato normativo apparentemente abbastanza chiaro (e in claris non fit interpretatio), si scontra con delle altrettanto evidenti criticità che emergono non appena si allontani lo sguardo dall’art. 50 e si guardi al Codice nella sua interezza e al contesto costituzionale in cui si inserisce (e anche la cd. interpretazione sistematica e la cd. interpretazione costituzionalmente orientata rappresentano dei validi criteri di interpretazione delle norme).

In primo luogo, come sopra evidenziato, in un’ottica sistematica, emergono delle evidenti criticità di coordinamento con l’art. 49, co. 5. 

In secondo luogo, si rileva come nel Nuovo Codice il Legislatore abbia dedicato una particolare attenzione ai principi dedicandogli addirittura un apposito titolo (il primo). Questa scelta è giustificata dal Legislatore stesso nella Relazione illustrativa proprio al fine di << (..) favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. (..). L’idea, quindi, è stata quella (..) di fornire una più puntuale base normativa anche a una serie di principi “precettivi”, dotati di immediata valenza operativa, che vanno in parte a soppiantare la struttura normativa rigida, dettagliata, a volte contraddittoria, attraverso la quale detti principi hanno finora trovato spazio angusto, nel tessuto normativo. La codificazione dei principi mira a realizzare, fra gli altri, i seguenti obiettivi:

a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza (e della collettività) (cfr. art. 1, comma 2);

b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare, in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione dell’amministrazione, il fenomeno della cd. “burocrazia difensiva”, che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti (cfr. art. 2, comma 2).


Fondamentale, in questo rinnovato quadro normativo, è l’innovativa introduzione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato (la cui pregnanza è corroborata dalla stessa scelta sistematica di collocarli all’inizio dell’articolato) i quali, oltre a cercare un cambio di passo rispetto al passato, vengono espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del codice e sono ulteriormente declinati in specifiche disposizioni di dettaglio (..).>> (4).

Si evidenzia quindi come l’interpretazione letterale suesposta si scontri palesemente sia con l’intenzione del Legislatore sia con il portato dei principi statuiti nel Nuovo Codice (5) tra i quali il principio del risultato (art. 1), il principio della fiducia (art. 2) , il principio dell’accesso al mercato (art. 3), sembrano assumere un valore di “superprincipi” o “principi fondamentali” stante il disposto dell’art. 4 il quale prevede che <<Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3.>>. Sul punto si legga quanto il Legislatore afferma nella Relazione in merito all’art. 4: <<L’articolo si collega ai primi tre principi e stabilisce un chiaro criterio interpretativo e applicativo, in forza del quale al quale, appunto, le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi della fiducia, del risultato e dell’accesso al mercato. La disposizione in esame evidenzia la natura fondante dei primi tre principi, che devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Nel dubbio, quindi, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici.>>.

Appare lecito poi domandarsi quale potrebbe essere la ragion d’essere a fondamento di un siffatto obbligo.

Di certo, non trattasi di una ragione connessa alla tutela del favor partecipationis, considerato che è noto che le procedure ordinarie dovrebbero garantire maggiormente la partecipazione.

Si potrebbe pensare ad una ragione connessa alla garanzia di una maggiore tempestività oppure al non aggravamento del procedimento oppure ancora al principio del risultato.

Tuttavia nessuna di queste ipotesi sembra fondata.

Di certo, obbligare sempre all’utilizzo della negoziata, non garantisce una maggiore tempestività considerato che la procedura negoziata è una procedura che passa per una fase di individuazione degli operatori da invitare; fase questa che –come noto- può portare via molto tempo. Al contrario, nel caso in cui rilevino particolari ragioni di tempestività e finanche d’urgenza, si potrebbe avviare una procedura aperta con riduzione dei termini a 15 giorni ottenendo un notevole guadagno di tempo nella fase di individuazione degli operatori.

Per le stesse ragioni ora dette non possiamo di certo trovare delle argomentazioni valide nel principio di non aggravamento del procedimento stante l’obbligo di dar luogo alla fase di individuazione degli operatori economici anche quando, nel caso concreto, questa esigenza non si ponga (prendiamo ad esempio il caso in cui si tratti di un affidamento di lavori –in cui i requisiti sono dati dalle SOA (6) – e in cui l’esigenza di tempestività assuma particolare rilevanza in ragione delle scadenze del finanziamento e/o per altre ragioni connesse alla tipologia delle prestazioni richieste (7)).

Infine, non pare che la cd. soluzione dell’obbligo possa essere coerente con l’esigenza di garantire il risultato, considerato che –come riconosce chiaramente il Legislatore nelle relazione- il migliore perseguimento dell’interesse pubblico può realizzarsi solamente dando alle Amministrazioni la discrezionalità di scegliere gli strumenti da utilizzare in relazione alla specifica fattispecie e alle esigenze del caso concreto. Davvero è sostenibile l’idea che si possa ottenere il miglior risultato obbligando sempre le Amministrazioni ad utilizzare – nei casi previsti dall’art. 50- l’affidamento diretto o la procedura negoziata in luogo della procedura aperta? Davvero è sostenibile che obbligare l’Amministrazione a passare per una fase di individuazione degli operatori, anche quando questa esigenza non rilevi, possa essere coerente con il principio del risultato o più in generale di buon andamento? Nel caso in cui l’Amministrazione non intenda operare una selezione degli inviti perché privarla della possibilità di avviare una procedura direttamente tesa alla presentazione delle offerte? 

Anche da queste ultime riflessioni, svolte secondo il canone del principio di ragionevolezza, la tesi in parola non sembra pertanto poter trovare fondamento.


4. Il parere dell’ANCI , di ANAC e altri commenti.

Sulla questione si è espressa l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) nel Quaderno operativo n. 43 del Giugno 2023 – par. 1.6: <<Pure con la cautela dovuta per una materia ancora non affrontata dalla giurisprudenza, si ritiene in questa sede di evidenziare che l’utilizzo di procedure conformi alle direttive UE dovrebbe ritenersi legittima, a prescindere dal fatto che queste siano impiegate i n ambito sottosoglia. Dunque la scelta di una procedura più complessa in luogo di quella stabilita dal Codice dovrebbe essere possibile ove adeguatamente motivata proprio in relazione al principio di tempestività e di risultato (solo la carenza di motivazione comporterebbe l’illegittimità).>>.

Tra i recenti contributi sulla questione si evidenzia anche il commento dell’Avv. Alessandro Massari (https://www.appaltiecontratti.it/2023/06/01/le-procedure-sotto-soglia-nel-nuovo-codice-e-le-prime-questioni-aperte/)  il quale riconosce una serie di opzioni interpretative alternative: 

<<Secondo altra tesi, invece, l’autovincolo potrebbe ritenersi ancora ammissibile alla luce dell’orientamento già espresso dalla prassi e della giurisprudenza sulle analoghe previsioni del DL 76/2020, in quanto fondato sui principi generali (compreso il principio del risultato da perseguire, non solo con la massima tempestività, ma anche col “… migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”. Inoltre, varrebbe la considerazione generale per la quale quando il legislatore intende affermare la tassatività ed inderogabilità delle procedure di affidamento utilizza di regola il vero “esclusivamente”, che non compare invece nel comma 1 dell’art. 50 del nuovo Codice, con ciò ammettendo implicitamente l’ammissibilità di procedure diverse rispetto a quelle “ordinariamente” stabilite in quanto non espressamente vietate.

Altro argomento a favore dell’ammissibilità di un autovincolo andrebbe rinvenuto, nella comparazione tra il testo inziale del nuovo Codice e quello finale definitivamente approvato dal Governo,  nella soppressione, relativamente alla possibilità di ricorso alla procedura ordinaria che compare nella ridetta lett. d) del comma 1 dell’art. 50, delle parole “previa adeguata motivazione”. In altri termini, mentre la scelta di una procedura aperta rispetto a quella negoziata senza bando (per i lavori da 1 milione di euro alla soglia UE) non richiederebbe un’adeguata motivazione, negli altri casi la scelta di una procedura diversa dovrebbe invece essere sempre adeguatamente motivata, tenendo conto del principio della massima tempestività e della strumentalità della concorrenza rispetto al risultato, valutando attentamente il rapporto tra i “costi” e i “benefici” di siffatta scelta. (..)

(..) Le questioni sopra sommariamente delineate sono tra quelle che la giurisprudenza e la prassi saranno chiamate urgentemente a risolvere dal prossimo I luglio. Si può però, molto sommessamente,  avanzare quale pronostico sulla possibile interpretazione della giurisprudenza e dell’ANAC, e sulla verosimile coerenza e continuità con quanto già affermato dai giudici amministrativi e dall’Autorità rispetto al regime transitorio-emergenziale di cui al DL 76/2020: pur rafforzando l’onere di un’adeguata verifica sulla sostenibilità della procedura diversa e di un altrettanto adeguata motivazione alla luce del principio prioritario del risultato, con l’affermazione di limiti e presupposti stringenti, parrebbe dubbio l’azzeramento di  ogni margine di autonomia nella scelta della procedura ottimale infra soglia, tenuto conto delle peculiarità di ogni fattispecie concreta.

Tesi da evidenziare è anche quella del Dottor Luigi Olivieri (https://leautonomie.asmel.eu/nuovo-codice-appalti-laffidamento-diretto-sottosoglia-non-puo-essere-obbligatorio/): <<Non si deve dimenticare che l’articolo 48, comma 4, del codice dispone: “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”. Il codice appare chiaro: le disposizioni relative al sottosoglia costituiscono un complesso in deroga all’insieme delle norme codicistiche. Ma, allora, poiché è così, vale sempre la solita questione: le norme di deroga non abrogano le norme derogate, che restano vigenti e, quindi, applicabilissime, sempre, laddove la PA ritenga di non avvalersi della deroga. Tra le norme del codice, non certo derogate dalla parte relativa al sottosoglia, vi sono i tanto decantati principi. (..) l’articolo 3, in bellissima evidenza enuncia il “Principio dell’accesso al mercato”, disciplinandolo come segue: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”. Non c’è nessun dubbio: l’affidamento diretto, ancorchè ammesso in relazione all’ammontare dell’importo di gara (attenzione al rischio dell’estensione incontrollata del frazionamento artificioso degli appalti), costituisce comunque uno sviamento dai principi indicati.>>

Si ricorda inoltre come l’ANAC, avesse già espresso alcune osservazioni sulla questione prima dell’adozione del Codice (<<Osservazioni di ANAC in relazione all’ Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 19: “Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici” (articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78)>>):

<<Criticità degli affidamenti diretti, o con procedura negoziata senza bando, dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie (articolo 50).

Si rileva, poi, che la norma consente alla stazione appaltante di ricorrere alle procedure ordinarie nel solo caso di cui al comma 1, lett. d): procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno 10 operatori economici, ove esistenti, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie comunitarie. Si ritiene che, in applicazione del principio di auto-organizzazione amministrativa (esplicitato dall’articolo 7 dello schema di codice), alla stazione appaltante, nell’esercizio della sua discrezionalità, debba essere sempre consentito di ricorrere alle procedure ordinarie anche sotto soglia, qualora le caratteristiche del mercato di riferimento inducano a ritenere preferibile un ampio confronto concorrenziale e che sia, pertanto, opportuno prevedere la possibilità generalizzata di indire una procedura ordinaria (es. aperta) in luogo della procedura negoziata, qualora tale soluzione appaia la più idonea a soddisfare le esigenze dell’amministrazione.>>.

Recentemente tuttavia l’ANAC, nel parere n. 443 del 26.09.2023, sembra aver riconosciuto che – col nuovo codice – non possono operare le procedure ordinarie fuori dai casi per cui sono espressamente previste. << (..) Laddove, invece, ratione temporis la gara fosse stata indetta in vigenza del D.lgs. n. 36/2023, trattandosi di un importo inferiore a 1 milione di Euro, la SA non avrebbe potuto fare ricorso alla procedura ordinaria di cui all’art. 50, comma 1, lett. d), ma avrebbe potuto prevedere l’esclusione automatica in presenza di cinque offerenti nella legge di gara relativa alla procedura negoziata di cui all’art. 50, comma 1, lett. c) del nuovo Codice (..)>>.


5. Conseguenze sull’esclusione automatica delle offerte anomale?

Nello svolgere la presente indagine ci si è posti il problema se dall’accoglimento dell’una o dell’altra soluzione possano discendere conseguenze sull’applicazione dell’istituto di cui all’articolo 54. Questa domanda assume particolare rilevanza poiché dall’applicazione o meno dell’esclusione automatica delle offerte anomale ne potrebbero conseguire (forse) interessi giuridicamente rilevanti per cui richiedere tutela giurisdizionale. A parere di chi scrive, considerato che l’istituto dell’esclusione automatica dell’offerta anomala opera, ai sensi dell’art. 54, per i <<contratti di appalto di lavori o servizi di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea che non presentano un interesse transfrontaliero certo>> (ovviamente quando il criterio è quello del prezzo più basso), a prescindere dalla tipologia di procedura (negoziata o aperta (8)), il problema non dovrebbe porsi (9).


6. La RDO aperta su MePA come procedura mista “ordinaria – negoziata”;

Ai fini della presente indagine si ritiene possa giovare evidenziare la qualificazione mista “ordinaria – negoziata” che il Consiglio di Stato ha attribuito alla RdO su MePA.

In un passo della Sentenza  n. 3999 del 24.05.2021 il Consiglio di Stato ha affermato quanto segue: <<Nel caso di specie, la procedura di gara non è riconducibile a una procedura negoziata ristretta. Il procedimento di gara si è svolto sulla piattaforma M.E.P.A., mediante richiesta di offerta rivolta a tutti gli operatori iscritti al portale telematico. Ciò delinea un meccanismo di apertura alla partecipazione degli operatori economici del settore interessato, che esclude qualsiasi intervento dell’amministrazione appaltante nella fase di selezione o individuazione preliminare degli operatori economici da invitare alla procedura.

Pertanto, seppure la procedura descritta presenti profili peculiari (che finiscono col forgiare una sorta di procedura mista, ordinaria e negoziata), non ricorre la ratio che caratterizza il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, il quale – in attuazione del principio di concorrenza – ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, la cui posizione di vantaggio nello svolgimento della procedura deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, che potrebbe consentirgli di formulare una migliore offerta rispetto ai concorrenti, soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici non è elevato (in tal senso si veda il parere del Consiglio di Stato, Commissione speciale, 12 febbraio 2018, n. 361, sulle «Linee guida» dell’Anac aggiornate sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 56 del 2017).>>.

La RDO aperta su MePA è così definita nel manuale ‘Wikiacquistiinretepa’:

<<In caso di RdO Aperta, nella sezione relativa agli Inviti, puoi scegliere dei Filtri tra quelli disponibili a Sistema. Potranno così partecipare alla RdO Evoluta gli Operatori Economici abilitati al MePA per il bando e la categoria oggetto di Negoziazione e che, allo stesso tempo, presentino i requisiti che hai selezionato

Il pulsante DETTAGLIO FILTRI APPLICATI ti permette di accedere all’elenco dei parametri che puoi inserire come requisiti di partecipazione alla RdO.

Al momento della presentazione dell’offerta, il Sistema effettua un controllo sul possesso dei parametri definiti attraverso i filtri e blocca gli OE che ne sono privi.>>.

Trattandosi di procedura ibrida può essere utilizzata nel sottosoglia? Oppure vogliamo dire che anche questa è vietata stante il (presunto) carattere imperativo della disciplina di cui all’art. 50?


7. Conclusioni.

Si conclude questa riflessione sostenendo che, se è vero che il dato normativo sembra apparentemente chiaro nell’obbligare le Stazioni appaltanti all’utilizzo di determinati procedimenti (l’affidamento diretto, per le ipotesi di cui alle lettere a) e b), e la procedura negoziata, per le ipotesi di cui alle lettere c) ed e)) è altrettanto vero che da un’indagine più ad ampio sguardo non possano non rilevarsi criticità circa la suddetta soluzione sia in termini di coordinamento con altre previsioni normative (l’art. 49, co. 5) sia, e soprattutto, in termini di rispetto dei principi costituzionali, eurounitari e dei principi “fondamentali” di cui agli artt. 1, 2 e 3 del Codice, con la conseguenza che dovrebbero essere prese in considerazione ipotesi alternative (a quella letterale apparentemente corretta), fondate su una un’interpretazione costituzionale, ragionevole, assiologica e sistematica, che consentano, previa adeguata motivazione, maggiore discrezionalità nella scelta delle procedure da parte delle Stazioni Appaltanti.

A meno che non si vogliano considerare i principi statuiti nel Nuovo Codice come “segnali di fumo” – come qualcuno ironicamente gli ha definiti aderendo ad una concezione del sistema normativo un po’ atomistica – un tentativo di una lettura diversa, da quella strettamente letterale, e che sia coerente con i richiamati principi e con il sistema normativo nel suo complesso, è d’obbligo.

Tuttavia, la questione per il momento rimane aperta.


8. Aggiornamenti: la circolare del MIT, le “spinte Europee” e i Comunicati dell’ANAC.

  • Sul punto il MIT, con circolare n. 298 del 20.11.2023, ha riconosciuto la possibilità per le Amministrazioni di utilizzare le procedure ordinarie nel sottosoglia (in calce al presente articolo si può trovare la Circolare).
  • Alessandro Boso, in un articolo (https://www.lavoripubblici.it/news/gare-aperte-sottosoglia-accontentare-ue-32238) ha ipotizzato come la Circolare del MIT possa essere stato frutto di una “spinta europea”:

<< (..) lo scorso venerdì 24 novembre, la Commissione Europea ha espresso una valutazione positiva del piano per la ripresa e la resilienza modificato dell’Italia comprendente il capitolo dedicato a REPowerEU. Il piano ammonta ora a 194,4 miliardi di € (122,6 miliardi di € in prestiti e 71,8 miliardi di € in sovvenzioni) e comprende 66 riforme, sette in più rispetto al piano originario, e 150 investimenti. A seguito dell’approvazione di tali modifiche, le risorse europee del Dispositivo di ripresa e resilienza destinate al finanziamento del PNRR italiano aumentano da 191,6 miliardi di euro a 194,4 miliardi di euro. Il piano per la ripresa e la resilienza riveduto comprende 145 misure nuove o modificate. Andando a “spulciare” la versione, per ora disponibile solo in inglese, dell’allegato alla suddetta proposta di decisione di esecuzione del Consiglio (presentata dalla Commissione, che modifica la decisione di esecuzione del 13 luglio 2021 che aveva approvato il PNRR italiano), ci si imbatte in una nuova misura (M1C1-73quater) introdotta nell’ambito della Riforma 1.10 (Riforma del quadro legislativo sugli appalti pubblici) che riporta la seguente descrizione:

“Circular on below-EU threshold procurement adopted and published on the Italian Official Journal. The circular shall clarify that contracting authorities can use open and restricted procedures for below-EU threshold procurement”

Che tradotto significa che il Governo italiano si è impegnato ad approvare, entro la fine dell’anno, una circolare per chiarire che le stazioni appaltanti possono utilizzare procedure aperte e ristrette per gli appalti sotto soglia UE.

Sembra proprio, a parer nostro, che l’iniziativa del MIT, in commento, non sia conseguenza di una spontanea volontà di chiarire un dubbio interpretativo sorto in conseguenza della nuove disposizioni introdotte dal Codice, né tantomeno di voler tutelare superiori principi nazionali e comunitari di rispetto della concorrenza, quanto piuttosto l’esito di una complessa trattativa in sede Europea per far approvare la revisione del PNRR, accettando di concedere qualche spazio in più al diritto comunitario anche in seno agli affidamenti sotto soglia, di regola estranei all’applicazione del diritto europeo sugli appalti.>>.


  • Sulla vicenda, infine, non ha mancato di pronunciarsi l’ANAC, attraverso un commento di Busia del 29.11.2023 (https://www.anticorruzione.it/-/nuovo-codice-appalti-circolare-interpretativa-del-mit.-bus%C3%ACa-marcia-indietro-del-governo-):

<< Nuovo Codice Appalti, circolare interpretativa del Ministero. Busìa: “Marcia indietro del governo. Ora più concorrenza”

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato – in condivisione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento Affari Giuridici e Legislativi- una circolare interpretativa dell’articolo 50 del nuovo Codice degli Appalti riguardante le procedure di affidamenti di lavori, servizi e forniture.  Si tratta di “chiarimenti interpretativi in merito alla possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”.

“Si ribadisce – si legge nella circolare – che le disposizioni contenute nell’articolo 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/UE”.

La circolare con la quale il MIT interviene sulle procedure sotto soglia (affidamenti diretti e procedura negoziata senza bando), innovando rispetto a quanto affermato col nuovo Codice degli Appalti, indicando che bisogna tenere conto non solo del principio di risultato, ma anche degli altri principi del Codice, tra cui innanzitutto quello di trasparenza. E’ quindi fatta salva la possibilità per le Stazioni Appaltanti di ricorrere a procedure selettive pubbliche e pubblicazione dei bandi, e che tutto va interpretato sulla base dei principi dell’UE, che sono appunto quelli della concorrenza.


Il commento di Busia

“La circolare è una evidente marcia indietro del Governo e mostra che le nostre obiezioni erano fondate”, dichiara il Presidente di Anac Giuseppe Busìa. “Il Ministero lo fa con una circolare e non – come sarebbe stato necessario – con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti. Prevedere che sia obbligatorio l’affidamento diretto per tutti i contratti per l’acquisto di beni o servizi sopra i 140mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre cinque milioni di euro senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura. Numericamente, si tratta infatti della stragrande maggioranza dei contratti significava che sarebbero stati sottratti alle più elementari forme di pubblicità, a danno delle imprese e delle casse pubbliche. È infatti evidente che, se per spendere ben oltre centomila euro, l’amministrazione non deve neanche chiedere due preventivi, si rivolgerà alla prima impresa che capita, e questa non avrà alcun interesse a contenere la propria offerta”. 

“Anche fuori dai casi di piccola o grande corruzione – continua il Presidente Busìa – è chiaro che ad essere premiato sarà il fornitore più ‘vicino’ o comunque quello già conosciuto, e non quello più bravo. Con il risultato ultimo di spendere di più, avendo in cambio forniture e servizi di minore qualità o opere destinate a durare meno”.

“La trasparenza   specie in tempi di digitalizzazione   non solo non fa perdere tempo, ma lo fa guadagnare, sia perché la gara occupa da sempre una piccola percentuale di tempo rispetto alla fase autorizzatoria ed all’esecuzione, sia perché solo le imprese selezionate in modo trasparente per essere migliori e non più amiche, sono in grado di portare avanti rapidamente i lavori”.

“Se vogliamo creare sviluppo e ricchezza, dobbiamo spingere le nostre imprese ad investire in innovazione e qualità, non in pubbliche relazioni con i decisori dei diversi livelli istituzionali”.>>



BERTELLI FRANCESCO





(1) sul punto https://leautonomie.asmel.eu/nuovo-codice-appalti-laffidamento-diretto-sottosoglia-non-puo-essere-obbligatorio/; 

(2) << In continuità con la disciplina pregressa e con le previsioni delle Linee Guida ANAC n. 4  (..) il principio di rotazione non si applica quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici, in possesso dei requisiti richiesti, da invitare alla successiva procedura negoziata (comma 5). Una tale opzione ermeneutica, avallata dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 2021, n. 3999), si giustifica in quanto in detta ipotesi non ricorre la ratio che caratterizza il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, il quale, in attuazione del principio di concorrenza, ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, esigenza che non viene in rilievo allorché la stazione appaltante decida di non introdurre alcun sbarramento al numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata all’esito dell’indagine di mercato.>>. (Relazione illustrativa al Codice).

(3) dico “astrattamente” perché nel concreto non vedo quale possa essere il bene della  vita ottenibile poiché se anche si dovesse ritenere illegittimo l’utilizzo della procedura negoziata in luogo dell’affidamento diretto, in ogni caso, sarebbe difficile sostenere che l’affidamento diretto dovrebbe essere fatto proprio alla seconda classificata ricorrente, considerato che anche – in ipotesi – ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione, l’Amministrazione potrebbe procedere con affidamento diretto nei confronti di chiunque. Pertanto non sembra configurarsi un possibile concreto interesse a ricorrere.

(4) <<Più in generale, attraverso la codificazione dei principi, il nuovo progetto mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. Ciò in quanto la legge – soprattutto un codice – non può inseguire la disciplina specifica di ogni aspetto della realtà, perché si troverà sempre in ritardo, ma deve invece fornire gli strumenti e le regole generali e astratte per regolarla. L’idea, quindi, è stata quella non tanto di richiamare i principi “generalissimi” dell’azione amministrativa (già desumibili dalla Costituzione e dalla legge n. 241/1990), ma di fornire una più puntuale base normativa anche a una serie di principi “precettivi”, dotati di immediata valenza operativa, che vanno in parte a soppiantare la struttura normativa rigida, dettagliata, a volte contraddittoria, attraverso la quale detti principi hanno finora trovato spazio angusto, nel tessuto normativo.

La codificazione dei principi mira a realizzare, fra gli altri, i seguenti obiettivi:

a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza (e della collettività) (cfr. art. 1, comma 2);

b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare, in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione dell’amministrazione, il fenomeno della cd. “burocrazia difensiva”, che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti (cfr. art. 2, comma 2).

Fondamentale, in questo rinnovato quadro normativo, è l’innovativa introduzione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato (la cui pregnanza è corroborata dalla stessa scelta sistematica di collocarli all’inizio dell’articolato) i quali, oltre a cercare un cambio di passo rispetto al passato, vengono espressamente richiamati come criteri di interpretazione delle altre norme del codice e sono ulteriormente declinati in specifiche disposizioni di dettaglio (ad esempio, in tema di assicurazioni).>> (Relazione illustrativa al Codice) 

(5) che rappresentano delle specificazioni dei principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità.

(6) SOA che peraltro con il Nuovo Codice dovrebbero essere estese anche ai servizi.

(7) Penso, in particolare, ad un recente caso in cui un’Amministrazione doveva svolgere su un’isola dei lavori di OG13 (opere di ingegneria naturalistica) dal valore di circa 180.000,00 Euro. Data la natura insulare del luogo e le particolarità del sito riteneva indispensabile il sopralluogo. Gli operatori qualificati in OG13 non sono moltissimi e soprattutto non sono molti quelli che sono disposti – e organizzati – per andare a lavorare sulle isole. L’Amministrazione aveva urgenza di partire con i lavori per ragioni concernenti il finanziamento e per altre ragioni connesse alle caratteristiche dei luoghi. In un caso siffatto l’Amministrazione riteneva che la procedura più congrua – considerate le premesse di cui sopra – fosse quella della procedura aperta con obbligo di sopralluogo e con riduzione dei termini poiché il passaggio per una fase di individuazione degli operatori sarebbe stato superfluo. Infatti, per esperienza maturata in procedure analoghe, aveva rilevato che, per commesse di questo tipo, difficilmente si superava il numero di dieci operatori. Inoltre, evidenziava che spesso agli avvisi di indagine di mercato rispondono un numero alto di operatori economici (questo perché la presentazione della manifestazione di interesse non vincola e impegna poco anche in termini di compilazione della documentazione).  Tuttavia, gli operatori che sono poi realmente interessati e che presentano offerta sono poi molti di meno. Pertanto, il passaggio per la fase delle indagini di mercato, risultava un’inutile dispendio di tempo per l’Amministrazione. Come questo vi sono moltissimi altri esempi in cui la specifica fattispecie, il mercato di riferimento e le particolari esigenze del caso concreto, conducono l’Amministrazione ragionevolmente verso opzioni procedimentali diverse dalla procedura negoziata e dall’affidamento diretto.

(8) così si era espressa già la giurisprudenza nella disciplina previgente (Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 08/02/2023, n. 905; tuttavia in senso opposto: Tar Piemonte, Sez. II, 03/05/2023, n. 405 e parere ANAC n. 443 del 26.09.2023);

(9) Ne riconosce portata generale e l’applicabilità anche alle ipotesi di procedure ordinarie anche la relazione al codice:<<La disciplina dell’art. 54, per la sua portata generale, è applicabile alle ipotesi di procedura negoziata, ma anche al caso in cui si ricorra alla procedura ordinaria, nel caso previsto dall’art. 50, comma 1, lett. d).>>. Sul punto di particolare interesse anche il recente parere ANAC n. 443 del 26.09.2023.

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