Definizione: secondo l’interpretazione della giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato – Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, 5/3/2019 n. 667), la situazione di conflitto di interessi si configura quando le decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un pubblico funzionario che abbia, anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l’interesse pubblico alla cui cura è preposto. L’interesse privato che potrebbe porsi in contrasto con l’interesse pubblico può essere di natura finanziaria, economica o derivante da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell’azione amministrativa.
Prima ancora che il legislatore iniziasse ad occuparsi specificamente di conflitto di interessi con appositi interventi normativi, un riferimento fondamentale in materia era (ed è ancora, pur essendoci adesso una disposizione di legge generale) rappresentato dall’art. 97 Cost.: il comma 2 stabilisce infatti che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.
Difatti, assieme a quello di legalità, i principi di imparzialità e buon andamento costituiscono i canoni fondamentali dell’attività amministrativa[1]: quello di imparzialità in particolare, esplicitando il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., postula che la p.a. non possa porre in essere discriminazioni, e si pone quindi come limite generale del potere discrezionale in tutti i campi in cui tale potere è esercitato dalla pubblica amministrazione[2].
Per tale ragione ben prima che la Legge 190/2012 introducesse l’art. 6-bis nella legge sul procedimento amministrativo (241/1990), l’obbligo di astensione dei funzionari pubblici in caso di conflitto di interesse era considerato emanazione necessaria dell’art. 97 Cost., e il legislatore cominciò a occuparsi del conflitto di interessi in singole disposizioni, ad esempio in materia di contratti pubblici (l’art. 84 comma 7 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 applicava, prima dell’adozione del codice dei contratti pubblici del 2016, ai commissari della commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione del contratto le cause di astensione previste dall’articolo 51 codice di procedura civile).
L’influenza del diritto sovranazionale ha indotto comunque il legislatore ad intervenire con una norma generale: così l’art. 1, comma 41, della L. 190/2012 (c.d. legge anticorruzione o Severino) ha introdotto l’art. 6-bis L. 241/1990, il quale afferma che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.”
Non è un caso che sia stata la Legge anticorruzione ad introdurre tale norma generale, in quanto per prevenire il fenomeno corruttivo si cerca di intervenire a monte, evitando tutte quelle situazioni in cui la corruzione può prosperare. E non è un caso che la legge n. 190 del 2012 prevede un sistema di tutela anticipata, che affianca il classico modello sanzionatorio imperniato su forme di tutela repressiva post crimen patratum[3]. Bisogna tuttavia precisare che, come specificato più volte dal Consiglio di Stato, non vi è una necessaria coincidenza tra fenomeno corruttivo e conflitto di interessi, poiché “quanto all’interesse rilevante per l’insorgenza del conflitto, la norma … va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio”. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415; Cons. Stato, Sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853; Sez, III, 2 aprile 2014, n. 1577.). Ne deriverebbe che il conflitto di interessi esiste a prescindere dal fatto che a esso segua o meno una concreta condotta impropria[4]. Esso è dunque ontologicamente ascrivibile al paradigma tassonomico della “potenzialità”.
Essendo inoltre una fattispecie non tipizzata, il conflitto di interessi è regolato poi in modo più dettagliato da fonti di carattere territoriale, come il Piano Triennale prevenzione corruzione e trasparenza approvato dall’amministrazione e il Codice di Comportamento approvato dall’amministrazione.
Il DPR 62/2013 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici) ha ulteriormente delineato i casi in cui un dipendente pubblico dovrebbe astenersi, evidenziando l’ampiezza degli interessi che potrebbero generare un conflitto (interessi non necessariamente patrimoniali, ma anche interessi personali, familiari o di frequentazione, fino alla generica presenza di “gravi ragioni di convenienza”) e lasciando al responsabile dell’ufficio di appartenenza la decisione finale sull’astensione.
Nella materia dei contratti pubblici
Il conflitto di interessi, come sostenuto dalla giurisprudenza, si ricava in via presuntiva quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi – che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato o la gestione – ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale, che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione; in particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dal d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25.08.2023, n. 7942)[5]. La prima differenza, oltre a quella relativa alla rubrica della norma, tra vecchio e nuovo codice degli appalti risiede proprio nell’ampliamento della fattispecie, che riguarda adesso qualsiasi soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare gli esiti e la gestione.
In particolare, è stato affermato (Cons. Stato, Sez. V, 14.05.2020, n. 3048) che, anche in materia di gare pubbliche, il conflitto di interessi non è solo quello realmente accertato, ma anche quello potenzialmente esistente; la disciplina, insomma, è latu sensu una “norma di pericolo”, nel senso che essa tende ad anticipare la frontiera del contrasto a fenomeni corruttivi o comunque al rischio di possibili vizi e condizionamenti della procedura e deve essere interpretata nel senso di considerare rilevanti anche situazioni che possano suscitare il dubbio che la procedura selettiva possa essere stata influenzata da comportamenti inappropriati[6], tenuto conto che il vantaggio competitivo dell’aggiudicatario potrebbe essere determinato anche solo dalla “anticipata conoscenza degli atti di gara o di possibile acquisizione di informazioni qualificate (afferenti al progetto e al capitolato), riservate e di specifico orientamento sulle aspettative e sui gradimenti della stazione appaltante” (Consiglio di Stato, Sez. III, 20.08.2020, n. 5151).
Ciononostante, sul piano probatorio, l’ipotesi di conflitto d’interessi “deve essere supportata da elementi concreti, specifici ed attuali” (Cons. Stato, sez. III, 26 marzo 2021, n. 2581).
Sulla medesima linea, il nuovo Codice Appalti (D.Lgs 36/2023) all’articolo 16 prevede espressamente, in coerenza con il principio della fiducia e al fine di preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, che la percepita minaccia all’imparzialità e all’indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati (TAR Lazio n. 12917/2023, nonché Consiglio di Stato n. 2581/2021, secondo il quale “Quanto all’ipotesi del conflitto di interessi, essa deve essere supportata da elementi concreti, specifici ed attuali, e, soprattutto, deve concernere l’esistenza di un interesse “personale” dei componenti della Commissione di gara“).
Il personale che versa in una situazione di conflitto di interesse deve darne comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente e si deve astenere dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all’esecuzione.
Dall’altro lato, le stazioni appaltanti devono adottare misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni.
A tal proposito, con la delibera n. 291 del 20 giugno 2023 l’ANAC ha fornito alcune indicazioni riguardo l’adozione di misure di prevenzione del conflitto di interessi nell’ambito dei contratti pubblici: tra le misure suggerite vi è quella di prevedere che un incarico di responsabile di un ufficio o di un servizio conferito ad un Sindaco o ad un componente della Giunta possa essere oggetto di rotazione nel corso della consiliatura tra i componenti della medesima Giunta, e/o quella di indicare le modalità operative che favoriscano una maggiore compartecipazione del personale alle attività degli uffici la cui responsabilità è affidata al Sindaco o ad un componente della Giunta.
DOTT. MICHELE FELEPPA
[1] D’Ercole R., Il conflitto di interessi nel procedimento amministrativo, su Il diritto amministrativo. Rivista giuridica, anno XVI n.09, Settembre 2024.
[2] Ibidem.
[3] Redazione, Conflitto di interessi: quadro regolatorio dai principi generali al nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 16 d.lgs. 36/2023), su www.sentenzeappalti.it, 16.11.2023.
[4] Redazione, Conflitto di interessi: quadro regolatorio dai principi generali al nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 16 d.lgs. 36/2023).
[5] Fadda L., Diritto amministrativo. Focus sul conflitto di interessi, su www.LuigiFadda.it, 18 agosto 2023.
[6] Ibidem.