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Per il TAR Toscana è legittimo il piano di eradicazione dei mufloni dall’isola del Giglio.

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TAR TOSCANA N. 949 DEL 19.07.2024

Le associazioni ricorrenti impugnano gli atti con i quali la Regione Toscana ha disposto il piano di prelievo della specie muflone per la stagione venatoria 2023/2024 con il quale si consente l’abbattimento e/o l’eradicazione dei gruppi di ungulati provenienti dalla Sardegna ed impiantati sull’Isola del Giglio a metà degli anni ’50 del secolo scorso.

Con il primo motivo, in particolare, si evidenzia l’illegittimità del piano di prelievo di una specie che, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, apparterrebbe alla popolazione sarda per la quale è vietata, dall’art. 18, comma 1, lett. c) della L. n. 157/1992, l’attività venatoria.

Con il secondo motivo, partendo da uno studio genetico riportato nella rivista Diversity e dal dissenso manifestato dall’Ordine dei Biologi alle operazioni di eradicazione, le ricorrenti evidenziano l’unicità della popolazione dei mufloni del Giglio che presenterebbe caratteristiche uniche e preservate nel tempo, la cui eradicazione provocherebbe un danno sostanziale alla biodiversità, minando non solo gli obiettivi del Programma Life cui la Regione ha aderito, ma anche della Strategia per la Biodiversità 2030 dell’UE sottoscritta dall’Italia. Al contempo si evidenzia come i danni all’ambiente e all’habitat, che fonderebbero il parere ISPRA sopra citato, non sarebbero stati dimostrati o comunque non avrebbero avuto impatti rilevanti.

Le doglianze, alla luce di un esame delle più articolate argomentazioni svolte nel merito della vicenda, non possono essere accolte.

5.1. Non persuade la dedotta violazione del divieto normativo di cacciare i mufloni del Giglio in quanto appartenenti alla popolazione sarda poiché, da un lato, il divieto opera nel quadro della caccia programmata e non dei piani di eradicazione, come quello di cui si discute e, dall’altro, la specie di cui trattasi non può essere annoverata tra la “popolazione sarda”.

Dalla piana lettura della DGR 848/2023 impugnata emerge che il prelievo ivi disciplinato rientra nel più generale quadro delineato dal Protocollo operativo per l’eradicazione del muflone (approvato dalla Regione Toscana con delibera n. 687 del 05.07.2021) e che l’ISPRA ha sancito, con il parere espresso in data 16.05.2023, che l’approccio utilizzato dalla Regione di effettuare prelievi selettivi e non conservativi tende legittimamente alla eradicazione del muflone.

I protocolli e il Piano di eradicazione delle specie alloctone non sono stati a suo tempo autonomamente impugnati dalle ricorrenti ma vengono qui in considerazione come atti presupposti del provvedimento oggetto di impugnativa.

Ciò è palesato dal fatto che la delibera impugnata si pone in attuazione di quanto previsto dal Protocollo operativo per l’eradicazione del Muflone (Ovis aries) presso l’Isola del Giglio, adottato ai sensi dell’art. 37 della LRT n. 3/1994 (recante Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»), nell’ambito del Programma Comunitario “Life Letsgogiglio: Meno specie aliene nell’Arcipelago Toscano: nuove azioni per proteggere gli habitat dell’isola del Giglio” (la cui adesione è stata formalmente adottata con la citata delibera 87/2019, cfr. doc. n. 6a, 6b e 24 di parte resistente).

La Regione, inoltre, palesa che l’obiettivo da raggiungere è quello della gestione non conservativa, in linea con il disposto dell’art. 28-bis della LRT n. 3/1994 (recante Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio») per i prelievi nelle aree non vocate.

Trattasi di piani di abbattimento che trovano il loro fondamento normativo all’art. 2 della L. n. 157/1992 (che al comma 2 così recita “[…]In ogni caso, per le specie alloctone, comprese quelle di cui al periodo precedente, con esclusione delle specie individuate dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2015, la gestione è finalizzata all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni; gli interventi di controllo o eradicazione sono realizzati come disposto dall’articolo 19”), sono svolti sotto il coordinamento del Corpo della Polizia Provinciale (ai sensi dell’art. 37 della LRT n. 3/1994) e possono ricadere sia in aree vocate alla caccia che in aree protette (come nel caso di specie in cui il Piano ricade sia per la parte dell’Isola del Giglio che ricade nel Parco dell’arcipelago sia per la parte che ricade nel restante territorio della stessa destinato alla caccia programmata).

Questo ultimo aspetto, peraltro, giustifica quanto previsto dalla delibera impugnata, vale a dire la possibilità di conseguire l’obiettivo della gestione non conservativa (di cui all’art. 28-bis della LRT n. 3/1994 con riferimento ai piani di prelievo degli ungulati) con tempi più ampi privilegiando l’attività venatoria ordinaria, chiaramente intesa quale mezzo funzionale al prelievo programmato e selezionato dei mufloni comunque nel quadro del progetto di eradicazione, avvalendosi dell’azione dei cacciatori che, quindi, nelle operazioni selettive, si trovano ad agire a diverso titolo durante le medesime battute di caccia ordinaria.

La caccia di selezione richiamata nel provvedimento, inoltre, trova il proprio fondamento anche all’art. 11-quaterdecies, comma 5, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 (recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203) che così recita: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica o, se istituti, degli istituiti regionali, possono, sulla base di adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per sesso e classi di età, regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157” (norma peraltro richiamata alla citata disposizione di cui all’art. 28-bis della LRT n. 3/1994).

Ciò premesso il divieto di cui all’art. 18 della L. n. 157/1992 (che così recita: “1. Ai fini dell’esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati: […] c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: […] muflone (Ovis musimon), con esclusione della popolazione sarda ]…]”) opera chiaramente nell’ambito dell’attività venatoria programmata la cui gestione non è finalizzata alla eradicazione o alla gestione non conservativa che, invece, rientrano nelle attività di controllo disciplinate dall’art. 19 della legge (e che, al comma 2 dispone che “Le attività di controllo di cui al presente comma non costituiscono attività venatoria”).

Questi ultimi sono gli scopi evidentemente perseguiti dall’azione regionale complessiva di cui si discute, di cui il provvedimento impugnato costituisce la più recente manifestazione attuativa. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, risulta neutro il contesto in cui i cacciatori vengono impiegati per il raggiungimento dei succitati obiettivi, purché vengano rispettate le prescrizioni normative funzionali alle singole attività svolte.

5.2. A quanto precede si aggiunga che il divieto di cui all’art. 18 della L. n. 157/1992 riguarda la “popolazione sarda” dei mufloni, con ciò chiaramente riferendosi alle popolazioni autoctone o parautoctone individuate nel DM 19 gennaio 2015 (richiamato dal citato art. 2 della legge).

È pacifico tra le parti, infatti, che il gruppo di mufloni di cui si discute non sia autoctono e per tale ragione è stato inserito nel protocollo del 2021, sopra citato, volto alla sua eradicazione, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 157/1992.

Il DM 19.01.2015 richiamato (recante Elenco delle specie alloctone escluse dalle previsioni dell’articolo 2, comma 2-bis, della legge n. 157/1992) definisce ciò che è “specie autoctona o indigena” (vale a dire “specie naturalmente presente in una determinata area geografica nella quale si è originata o è giunta senza l’intervento diretto – intenzionale o accidentale – dell’uomo”); specie alloctona (sinonimi: esotica, aliena, vale a dire “specie che non appartiene alla fauna o alla flora originaria di una determinata area geografica, ma che vi è giunta per l’intervento diretto – intenzionale o accidentale – dell’uomo”); specie parautoctona (vale a dire “specie animale o vegetale che, pur non essendo originaria di una determinata area geografica, vi sia giunta per intervento diretto – intenzionale o accidentale – dell’uomo e quindi naturalizzata anteriormente al 1500 DC. Vanno altresì considerate parautoctone le specie introdotte e naturalizzate in altre aree geografiche prima del 1500 DC e successivamente diffusesi attraverso fenomeni naturali di diffusione e dispersione”).

L’allegato 1 di tale decreto individua il muflone come specie parautoctona nell’areale della Sardegna.

L’art. 2 del decreto individua il regime giuridico di tale status (prevedendo che “1. Gli elenchi riportati negli allegati 1 e 2 individuano le specie di Uccelli e Mammiferi per le quali, in ragione della loro parautoctonia, la gestione di cui all’art. 1, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modifiche ed integrazioni, non deve necessariamente essere finalizzata all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni. 2. Lo status di parautoctonia non esclude la possibilità di attuare interventi di controllo o eradicazione locale di tali specie e popolazioni, in particolare in ambienti insulari dove tali interventi possono determinare risultati positivi per la conservazione della diversità biologica originaria. Gli eventuali interventi di controllo delle specie parautoctone andranno condotti ai sensi dell’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157).

Ne consegue, da un lato, che anche l’ordinamento individua la popolazione dei mufloni conferendole un particolare status per il fatto di trovarsi nell’areale sardo e, dall’altro, che solo questa popolazione è qualificata come parautoctona (per la quale la normativa non esclude comunque interventi di controllo ed eradicazione).

Il muflone – che pertanto non è individuato come autoctono nell’Italia continentale (Allegato II del DM) e in altre aree, come nel caso della popolazione dell’isola del Giglio presso la quale è stato impiantato dall’uomo alla metà del XX secolo – è da considerarsi alloctono ai sensi dell’art. 2, comma 2, della legge sopra riportata.

Quanto precede, pertanto, colloca l’azione di eradicazione deliberata dalla Regione nell’alveo degli interventi consentiti dall’ordinamento, anche se inseriti nell’ambito di piani di prelievo programmati quale quello oggetto della delibera impugnata.

5.3. Le ricorrenti lamentano altresì carenza e superficialità istruttoria giacché la Regione nel pianificare tali azioni non avrebbe tenuto in considerazione del reale impatto del muflone sul territorio isolano e sui relativi habitat.

Tali doglianze non possono essere apprezzate positivamente.

La programmazione dell’esercizio dell’attività venatoria, incentrata sull’elaborazione di piani faunistico-venatori, è volta ad attuare un bilanciamento di interessi nell’ambito del quale le esigenze dei cacciatori trovano considerazione accanto a quelle di protezione della fauna selvatica e a quelle produttive degli agricoltori. Le scelte operate dalle amministrazioni nel quadro regolatorio offerto dalla legge assumono i connotati tipici della alta discrezionalità, seppure sul piano tecnico, sindacabile solo in caso di manifesta irrazionalità, irragionevolezza e palese travisamento dei fatti.

Orbene tali vizi, nel caso di specie non sono rilevabili.

La Regione ha incardinato la propria azione nel quadro del succitato progetto LIFE, volto alla promozione e tutela della biodiversità, di un protocollo operativo per dargli attuazione (di cui alla DGR 687/2021) e sulla scorta dei pareri ISPRA, peraltro previsti dal citato art. 11-quaterdecies, comma 5, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 per l’attivazione dei prelievi di selezione delle specie selvatiche.

L’amministrazione dà atto di aver tenuto in debita considerazione lo studio genetico riportato nel ricorso. Sullo stesso l’ISPRA ha controdedotto in sede istruttoria, con parere reso il 23.08.2022 (cfr. doc. n. 13 di parte resistente). Da tale parere emerge che la popolazione di mufloni sull’isola del Giglio risulta di radicazione recente, di provenienza non solo Sarda ma anche continentale (Germania).

 

Emerge, altresì, che l’intervento oggi contestato è in linea non solo con la normativa vigente, come sopra riportato, ma anche con le “linee guida internazionali in materia (Legge n. 221/2015, Raccomandazione No. 195 2017 del Comitato Permanente della Convenzione di Berna, etc.) prevedono che la gestione delle specie alloctone, in particolare nelle isole, sia finalizzata all’eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni, al fine di tutelare la biodiversità di questi importanti ecosistemi”. Il parere mette altresì in discussione le caratteristiche genetiche ritenute maggiormente caratterizzanti e “pure” della popolazione esaminata, anche in considerazione del campione esaminato estremamente ridotto (7 individui).

L’ISPRA, nel rispondere ad un quesito dell’ente Parco evidenzia inoltre che “ Considerate le numerose manipolazioni operate dall’uomo sulle popolazioni sarde e, in misura ancora maggiore, sulle popolazioni traslocate a fini venatori in altri contesti, si esclude che il patrimonio genetico degli esemplari dell’isola del Giglio possa essere considerato il risultato di un percorso evolutivo, né appare rappresentativo del patrimonio genetico della popolazione naturale sarda autoctona, che come sopra evidenziato è stata oggetto di ibridazioni con animali domestici”. Nel commentare recente letteratura, peraltro prodotta dalle ricorrenti (cfr. doc. n. 11), l’Istituto evidenzia che “i due aplotipi descritti nell’articolo sono stati effettivamente ritrovati solo sull’Isola del Giglio, ma i dati raccolti dagli stessi autori indicano che tali elementi non sono rappresentativi di unità evolutive, conservazionistiche, o gestionali di particolare valore, e vanno invece considerati il risultato dell’effetto casuale prodotto da un effetto “collo di bottiglia” e da una conseguente “deriva genetica”, fenomeni questi tipici di popolazioni insulari originate da un numero ridotto di fondatori, che possono portare a differenziazioni genetiche anche significative, ma che non hanno alcun valore conservazionistico” (cfr. doc. n. 14 di parte resistente).

Ne consegue che la conservazione degli esemplari di muflone dell’Isola del Giglio non appare una soluzione che, in via certa e in modo univoco, consentirebbe di preservare il patrimonio genetico di una specie in via di estinzione essenziale per la tutela della biodiversità.

A ciò si aggiunga che, in un quadro giuridico normativo, anche di matrice internazionale, che da più parti incentiva la tutela della biodiversità e l’eradicazione delle specie alloctone, l’amministrazione regionale riporta come l’intervento sui mufloni del Giglio ha ricevuto apprezzamenti della Società Italiana di Ecologia e della la IUCN Species Survival Commission che hanno evidenziato il particolare impatto del muflone sulla biodiversità insulare (cfr. doc. 19 e doc. 20 di parte resistente).

Lo stesso protocollo adottato con la DGR n. 687/2021 qualifica la presenza dei mufloni come statisticamente impattante sulla biodiversità, soprattutto nelle realtà insulari che rappresentano ambienti particolarmente fragili. I principali effetti di questi impatti negativi si hanno sulle comunità vegetali caratterizzanti gli ecosistemi e di conseguenza sulle comunità animali ad esse associate (come gli uccelli, cfr. pag. 33 del doc. n. 24 di parte resistente).

Da quanto dimostrato in giudizio, pertanto, emerge che l’iniziativa dell’amministrazione regionale si fonda su una istruttoria compiuta e approfondita che ha tenuto in considerazione anche i contestati profili versati nel ricorso, in un quadro normativo che, come abbiamo evidenziato, prevede come ordinario l’intervento selettivo sulle popolazioni alloctone. Nessuna palese illogicità o irragionevolezza emerge pertanto dall’operato dell’amministrazione.

Per tali ragioni il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati.

6. Il ricorso nel suo complesso è infondato e deve essere respinto.

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