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“Vengo anch’io? No, tu no! E perché? Perché no!”

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L’A.N.AC. sottopone a limiti il potere di scelta delle amministrazioni nell’ambito delle procedure di affidamento diretto: con una recente delibera – la n. 268 del 7 giugno 2022 – l’A.N.AC. disattende il noto ritornello di Enzo Jannacci e offre una lettura restrittiva e normativamente orientata dei poteri di scelta del contraente anche nell’ambito della procedura d’affidamento di cui all’ art. 36 c. 2 lettera a) del d. lgs. 50/2016.


La delibera A.N.AC., nel ribadire la necessità di un filtro “sostanziale” nella selezione dell’operatore economico anche negli affidamenti diretti, prescrive, quali condizioni minime per la regolarità e congruità dell’istruttoria:


1)     la verifica del possesso da parte dell’affidataria di requisiti di capacità tali da assicurare un ragionevole affidamento nell’esecuzione del contratto “a regola d’arte”;


2)   la natura ineluttabile delle verifiche dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80 del Codice.


Casus belli l’avviso per una manifestazione di interesse e il successivo affidamento diretto ad opera di una Stazione appaltante, istante un operatore economico escluso dalla selezione: sotto la lente dell’anticorruzione finiscono sia la formulazione lacunosa e approssimativa dell’avviso – “del tutto carente sotto il profilo della completa ed esatta individuazione dei requisiti minimi di partecipazione” – sia la mancata verifica delle “apodittiche dichiarazioni” rese dall’operatore economico prescelto in ordine alla sua qualificazione tecnica ed economico-finanziaria – posto che “che non può considerarsi sufficiente l’autodichiarazione dell’aggiudicataria, atteso che non viene fornito alcun elemento probante a dimostrazione dell’effettivo possesso delle dichiarate capacità tecnico-professionali ed economico-finanziarie atte a garantire tanto l’esatto adempimento delle prestazioni richieste quanto la serietà dell’offerta”.


Tali vizi non possono essere giustificati dalla vocazione squisitamente “semplificante” della procedura di cui all’art. 36 c. 2 lettera a) del Codice, “atteso che” afferma l’Autorità “l’affidamento diretto non solo non attribuisce alla stazione appaltante un potere incondizionato di scelta del contraente […] dovendo comunque assicurarsi che l’o.e. selezionato possegga i requisiti professionali ed economici necessari e sufficienti per eseguire l’appalto a regola d’arte, ma soprattutto non esclude la verifica del possesso dei requisiti generali di cui all’art. 80 del Codice”.


La delibera A.N.AC. è interessante soprattutto perché definisce il perimetro dell’istruttoria a cura della stazione appaltante negli affidamenti diretti, i quali, con la normativa emergenziale volta ad affrontare le conseguenze dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, hanno conosciuto un significativo ampliamento applicativo, potendosi esperire per servizi e forniture d’importo inferiore a 139.000,00 euro e per lavori d’importo inferiore a 150.000,00 euro.


Giova a questo proposito evidenziare che la legge delega 21.06.2022, n. 71, in materia di riforma del Codice dei contratti pubblici contiene, all’art.1, comma 2,  lett. e,  un criterio direttivo orientato alla “semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea” che pare propedeutico alla conferma nel nuovo codice, in corso di redazione, dell’ampliamento della possibilità di ricorso all’affidamento diretto negli appalti pubblici.


In questo contesto l’A.N.AC. si preoccupa di controbilanciare questa “vis espansiva” degli affidamenti diretti, facendo leva sullo stesso disposto dell’art. 1 c. 2 lettera a) della l. 120/2020 (c.d. decreto semplificazioni), in forza del quale l’affidamento diretto può essere disposto, tra le altre cose, “fermo restando il rispetto dei principi di cui all’articolo 30 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e l’esigenza che siano scelti soggetti in possesso di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento”. Non varrà perciò l’omnia munda mundis di manzoniana memoria…

Dunque, ricorso ad affidamenti diretti ma sull’ineludibile presupposto dello svolgimento di un’istruttoria che selezioni operatori economici in possesso dei requisiti professionali, economici, curriculari, da ritenersi congrui in relazione alla specifica fattispecie di appalto da affidarsi; ed inoltre, operatori economici almeno in possesso dei requisiti di ordine generale, come ora elencati all’art. 80 del codice dei contratti.


La deliberazione dell’A.N.AC., che appare utile rendere esplicita, puntualizza l’esigenza che anche negli affidamenti diretti siano scelti soggetti aventi adeguata professionalità, adeguata capacità economica, anche documentata da pregresse esperienze analoghe. Potremmo aggiungere che, mentre nelle procedure di gara questa verifica è presidiata e garantita da percorsi formalizzati dalle norme (pubblicazioni, contenuto dei documenti di gara, tempistiche …), negli affidamenti diretti questa verifica sussiste egualmente, né più né meno, ma si svolge secondo criteri sostanzialistici e non formalizzati nell’ambito di una istruttoria a cura della stazione appaltante (del RUP) che ne dà conto nell’ambito della determina a contrarre semplificata.

Non a caso, infatti, l’art. 32 del codice dei contratti prevede, solo per gli affidamenti diretti l’adozione di una determina a contrarre semplificata, al termine del procedimento che ha anche le caratteristiche della determina di affidamento.


Tutto bene dunque? La precisazione dell’A.N.AC. appare corretta ed utile ai fini del buon svolgimento delle procedure di affidamento diretto; non possiamo però non rilevare come, in materia di affidamenti diretti, continui a incombere un’opacità che non agevola ad un suo corretto utilizzo e che, anche la delibera A.N.AC. in questione, inopinatamente, persiste ad alimentare.  L‘autorità conclude che “la Stazione appaltante dovrebbe annullare in autotutela la procedura de qua e provvedere a rinnovare la gara”: ma l’affidamento diretto può qualificarsi gara? E dunque nell’affidamento diretto vi sarebbero concorrenti in competizione tramite offerte e criteri di valutazione? O piuttosto, l’affidamento diretto non è una gara, come, a nostro avviso giustamente afferma il Consiglio di Stato, “quarta sezione del 23 aprile 2021 n. 3287” ma, semmai una procedura di affidamento preceduta da un’istruttoria informale che consenta di individuare un operatore economico in grado di eseguire correttamente un appalto? Poiché le parole nel diritto, e non solo nel diritto, definiscono la sostanza, risulta evidente che parlare di gara invece che di istruttoria, oppure di offerte invece che di preventivi, non fa altro che generare e fraintendimenti su una procedura che viene oggi promossa dal nostro legislatore al fine di favorire la semplificazione negli appalti.


Non resta che auspicare che il nuovo codice, in corso di redazione ed obiettivo strategico del PNRR restituisca chiarezza a questo procedimento, così significativo, specie per gli Enti locali.

Giova infine qualche nota su affidamenti diretti e prassi di verifica dei requisiti ex art. 80: secondo le linee guida A.N.AC. n. 4 “per lavori, servizi e forniture di importo fino a 5.000,00 euro, in caso di affidamento diretto, la stazione appaltante ha facoltà di procedere alla stipula del contratto sulla base di un’apposita autodichiarazione resa dall’operatore economico ai sensi e per gli effetti del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, anche secondo il modello del documento di gara unico europeo, dalla quale risulti il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’articolo 80 del Codice dei contratti pubblici e speciale, ove previsti”.

Da verificare in particolare e prima della stipulazione, sempre secondo le linee guida dell’Autorità, la regolarità del DURC e le annotazioni nel casellario A.N.AC., nonché il possesso di eventuali requisiti speciali e condizioni soggettive imposte dalla legge per l’esercizio di alcune professioni, nonché l’idoneità a contrarre con la P.A. in relazione a determinate attività.


Secondo A.N.AC. “il contratto deve in ogni caso contenere espresse, specifiche clausole, che prevedano, in caso di successivo accertamento del difetto del possesso dei requisiti prescritti: la risoluzione dello stesso ed il pagamento in tal caso del corrispettivo pattuito solo con riferimento alle prestazioni già eseguite e nei limiti dell’utilità ricevuta; l’incameramento della cauzione definitiva ove richiesta o, in alternativa, l’applicazione di una penale in misura non inferiore al 10 per cento del valore del contratto”, mentre spetta alle Amministrazioni assicurare, tramite un regolamento, controlli a campione dei requisiti autocertificati.

Per gli importi superiori a 5.000,00 euro e inferiori a 20.000,00, l’Autorità prescrive la verifica d’ufficio anche della sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 80, commi 1, 4 e 5, lettera b) del Codice.

Sopra i 20.000,00 euro, la verifica d’ufficio scatta per tutti i requisiti ex art. 80 (e appare ideale, in tal caso, il ricorso pur sotto oglia al supporto di AVCPass).

 

Marco Baruzzo

Dott. Francesco Bertelli

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