-1. Inquadramento: l’inserimento della clausola di revisione prezzi da facoltà ad obbligo. -2. Ambito di applicazione temporale. -3. La clausola di revisione dei prezzi come modifica contrattuale ai sensi dell’articolo 106 del Codice -4. Il quantum delle revisione prezzi nei servizi. -5. Applicazione analogica delle norme sui lavori? -6. La revisione prezzi nel disegno di legge di riforma del Codice dei contratti. -7. Gli obblighi per le Stazioni appaltanti. -8. Può essere richiesta la revisione dei prezzi prima della stipula del contratto? -9. La giurisdizione sulla revisione prezzi. -10. La revisione prezzi e le proroghe contrattuali.
1. Inquadramento: l’inserimento della clausola di revisione prezzi da facoltà ad obbligo (1).
Come noto il legislatore, a più riprese, è intervenuto sulla questione della revisione dei prezzi negli affidamenti di lavori disciplinando nel dettaglio presupposti e procedura (sul tema si rimanda all’articolo: https://www.supportoappalti.com/2022/05/29/adeguamento-dei-prezzi-dei-contratti-di-lavori-ed-altre-amenita/ ).
Per quanto riguarda gli affidamenti di servizi il legislatore si è limitato ad imporre, attraverso l’articolo 29 del D.L. n. 4 del 27 gennaio 2022 (Convertito in Legge con L. 28 marzo 2022, n. 25), l’obbligo generico per le Stazioni Appaltanti di prevedere una clausola di revisione dei prezzi.
“Fino al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonche’ al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione del virus SARS-CoV-2, in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si applicano le seguenti disposizioni:
a) e’ obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo della medesima lettera a.” (2)
Se prima la Stazione Appaltante, ai sensi dell’articolo 106 del Codice, poteva scegliere di inserire nei documenti iniziali una clausola di revisione dei prezzi, adesso è tenuta a farlo.
Si rammenti, che l’interesse sotteso alla revisione dei prezzi è pur sempre l’interesse pubblico.
Sul punto inequivocabilmente si è espressa anche la recente Sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, n. 2339 del 28.02.2022: “la funzione principale del meccanismo revisionale è quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), nonché quella di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. V. 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079; Sez. III, 9 maggio 2012, n.2682), discendendone quindi che lo scopo principale dell’istituto revisionale resta quello di tutelare l’interesse pubblico ad acquisire prestazioni di servizi qualitativamente adeguate; solo in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verificano durante l’arco del rapporto (Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza n. 4362 del 19-07-2011; conforme Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275; id., 24 gennaio 2013 n. 465)”.
Anche alle luce dei principi affermati in giurisprudenza testé citati, a parere di chi scrive, l’obbligo per la S.A. di prevedere una clausola di revisione dei prezzi non significa altresì doverla prevedere sempre e comunque per qualsiasi affidamento.
La S.A. potrà infatti valutare, dandone adeguata motivazione, che, in relazione a quella tipologia di affidamento, non è opportuno prevedere la clausola di revisione dei prezzi.
Si pensi ad esempio ai contratti ad esecuzione istantanea o ai contratti la cui durata è molto breve.
Non sarebbe logico ritenere che sempre e comunque debba essere prevista una clausola di revisione dei prezzi.
2. Ambito di applicazione temporale.
L’ambito di applicazione temporale è chiarito dalla norma appena richiamata: “Fino al 31 dicembre 2023 (..) procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si applicano le seguenti disposizioni”.
Conseguentemente, in base a quanto previsto dal citato articolo 29, la revisione prezzi non può operare per le procedure avviate precedentemente al 28 gennaio.
Sui limiti di siffatta previsione si è espressa anche l’A.N.AC. attraverso il comunicato del 22.04.2022: “Non basta, pensare alle gare future. Serve intervenire anche per le gare già in corso. L’incremento dei prezzi delle materie prime ha un impatto sui contratti in corso e quelli in fase di aggiudicazione. Per i contratti in corso, le condizioni di esecuzione possono divenire proibitive per gli operatori economici se non esistono meccanismi di adeguamento dei prezzi chiari, che possono essere azionati con tempestività.”.
Tuttavia, bisogna precisare che la disposizione ora riportata non esclude altresì la possibilità di avvalersi, per le procedure precedenti al 28 gennaio, degli strumenti civilistici tesi al riequilibrio del sinallagma contrattuale.
Sul punto si è espressa anche la Corte di Cassazione attraverso la relazione n. 56/2020 “Novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”: “il principio della vincolatività del contratto – in forza del quale pacta sunt servanda – debba essere contemperato con l’altro principio del rebus sic stantibus, qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l’equilibrio del rapporto si mostra sostanzialmente snaturato. Ciò, peraltro, anche in assenza di specifiche clausole al riguardo, in nome del generale principio di “buona fede”, che ha valore d’ordine pubblico e si colloca tra i principi fondanti del nostro ordinamento sociale. La “buona fede”, infatti, impone un comportamento corretto e cooperativo fra le parti al fine di favorire il compimento del risultato negoziale, anche attraverso la disponibilità a riallinearne il contenuto alle mutate circostanze. Pertanto, la “buona fede” può salvaguardare il rapporto economico che le parti avevano originariamente inteso porre in essere, imponendo la rinegoziazione del contratto che si sia squilibrato, al fine di favorirne in tal modo la conservazione.”.
in tal senso anche il T.A.R. Campania, Sez. V, n. 4095 del 16.06.2022 (3).
3. La clausola di revisione dei prezzi come modifica contrattuale ai sensi dell’articolo 106 del Codice.
L’articolo 29 in esame, come detto, sancisce l’obbligo per le S.A. di inserire clausole di revisione dei prezzi “previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo della medesima lettera a.”.
Si potrà notare pertanto come il legislatore abbia sottoposto la clausola di revisione dei prezzi alla disciplina dell’articolo 106, comma 1, lett. a), del Codice (primo, secondo e terzo periodo).
“[…] I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti:
a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti.
Esse non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro.”
A tal riguardo molteplici sono gli aspetti da evidenziare:
A. la clausola di revisione dei prezzi si configura quindi, ex lege, come modificazione del contratto durante il suo periodo di efficacia (4);
B. le clausole di revisione dei prezzi possono essere previste “a prescindere dal loro valore monetario”;
C. le clausole di revisione dei prezzi devono essere previste “nei documenti di gara iniziali”;
D. le clausole di revisione dei prezzi devono essere espresse attraverso formule “ chiare, precise e inequivocabili”;
E. le clausole di revisione dei prezzi devono fissare “la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti.”;
F. le clausole di revisione dei prezzi “non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro.”.
4. Il quantum delle revisione prezzi nei servizi.
Altra punto controverso della revisione dei prezzi è quello concernente il quantum.
Mentre nei lavori il legislatore dà delle indicazioni normative (5), nei servizi, fatta eccezione per i contratti stipulati dai soggetti aggregatori (6), non abbiamo delle indicazioni specifiche riguardo agli affidamenti pubblici.
L’unico punto di riferimento normativo per la definizione del quantum della revisione dei prezzi nei contratti pubblici di servizi è l’articolo 1664 (14) del Codice civile: “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.”
Peraltro, il rinvio alle norme del codice civile è espressamente previsto dall’articolo 30 comma 8 del Codice dei contratti: ”Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici nonché di forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore previste dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile.”.
Tuttavia la norma del Codice civile stabilisce una soglia che rispetto al contesto attuale può non essere sufficiente.
Sul punto si è espressa anche l’A.N.AC. attraverso la comunicazione del 22.04.2022: “Il legislatore, poi ha previsto meccanismi di dettaglio per la compensazione e per le clausole, ora obbligatorie, di adeguamento prezzi da inserire nei bandi per i lavori, ma non per i servizi. Tali meccanismi funzionano nella misura in cui sono in grado di intercettare correttamente gli oneri per l’esecuzione. Per quanto concerne i servizi, il parametro attuale è un indice che funziona bene in periodi ordinari, non in periodi di turbolenza come quello attuale. E’ evidente che le attività che richiedono un maggior consumo di prodotti energetici sono fortemente penalizzate se i meccanismi di adeguamento dei prezzi sono basati su indici generali. Occorre notare che il forte incremento dei prezzi dei prodotti energetici degli ultimi mesi produrrà una spinta alla crescita dei prezzi dei beni e servizi detti energivori o che comunque utilizzano molta energia e ciò determinerà ulteriori spinte sui prezzi e renderà più difficile proseguire con i contratti in corso senza misure di compensazione”.
In conclusione, per il momento, la definizione del quantum e dei parametri entro i quali prevedere la clausola di revisione dei prezzi nei servizi è lasciata alla discrezionalità della Stazione Appaltante.
In ogni caso è opportuno che la S.A. dia motivazione, nella determina, delle ragioni che l’hanno condotta a definire determinati parametri per la revisione dei prezzi (7).
5. Applicazione analogica delle norme sui lavori?
È lecito domandarsi se possano applicarsi, in via analogica, ai servizi le norme previste per la revisione dei prezzi per i lavori.
A parere di chi scrive questa operazione è generalmente da escludere (8) per due ragioni:
A. Trattasi di norme derogatorie (9) e quindi insuscettibili di applicazione analogica;
B. Trattasi di norme che hanno come riferimento specifico i “materiali da costruzione”.
6. La revisione prezzi nel disegno di legge di riforma del Codice dei contratti.
Nel disegno di legge approvato dal Senato il 9 marzo 2022, aggiornato al 22 maggio 2022, si trova tra i principi: La “previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, compreso il costo derivante dal rinnovo dei CCNL nazionali sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa” (art. 1, comma 2, lett. f).
Premesso che trattasi di previsione inserita in un disegno di legge e pertanto privo del carattere della organicità, si potrebbe ipotizzare che la disposizione di cui sopra sancisca un obbligo ulteriore e diverso rispetto a quello statuito dall’articolo 29.
Nell’articolo 29 si inquadra, infatti, la clausola di revisione dei prezzi all’interno dell’articolo 106, comma 1, lett. a) del Codice e, quindi, è implicito che, dovendo la S.A. prevedere in modo chiaro i presupposti per l’applicazione del meccanismo di revisione dei prezzi, sia in qualche misura prevedibile la possibilità del verificarsi di certe condizioni al verificarsi delle quali potrà essere riconosciuta la revisione dei prezzi.
Diversamente, l’articolo 1, comma 2, lett. f, del disegno di legge di cui sopra, pone come condizione per l’applicazione del meccanismo di revisione dei prezzi il “verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta”.
È quindi ipotizzabile che il legislatore abbia in mente una clausola di revisione prezzi a maglie più larghe.
7. Gli obblighi per le Stazioni appaltanti.
In conclusione, allo stato attuale, come si articola l’obbligo di prevedere una clausola di revisione dei prezzi per gli affidamenti di servizi?
Il bando tipo A.N.AC. n. 1 – che come noto è rivolto alle procedure aperte ma può essere preso come riferimento anche per le altre procedure- è stato aggiornato con la delibera A.N.AC. n. 154 del 16 marzo 2022 con la quale è stato aggiunto il Par. 3.3 concernente la revisione dei prezzi:
“[Facoltativo, nei contratti di durata superiore all’anno: A partire dalla seconda annualità contrattuale] i prezzi sono aggiornati, in aumento o in diminuzione, … [indicare le modalità di revisione. Ad esempio, sulla base dei prezzi standard rilevati dall’ANAC (10) , degli elenchi dei prezzi rilevati dall’ISTAT, oppure, qualora i dati suindicati non siano disponibili, in misura non superiore alla differenza tra l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi (c.d. FOI) disponibile al momento del pagamento del corrispettivo e quello corrispondente al mese/anno di sottoscrizione del contratto].
[Facoltativo] La revisione dei prezzi è riconosciuta se le variazioni accertate risultano superiori al … per cento [indicare la percentuale] rispetto al prezzo originario.
[Facoltativo, nei contratti di durata superiore all’anno] La revisione dei prezzi può essere richiesta una sola volta per ciascuna annualità.”.
Le indicazioni del bando tipo A.N.AC. aggiornato sono utili ma a parere di chi scrive è opportuno che le Stazioni Appaltanti valutino di pronunciarsi anche su altri aspetti concernenti la revisione dei prezzi:
-a partire da quando può essere riconosciuta la revisione dei prezzi in relazione alla durata del contratto (Es. la revisione dei prezzi può essere riconosciuta solamente a partire dalla seconda annualità);
-a quali condizioni può essere riconosciuta la revisione dei prezzi (Es. aumento degli indici ISTAT … del 7 % rispetto al valore al momento della stipulazione del contratto);
-individuazione del parametro rispetto ai singoli prezzi o al prezzo complessivo del contratto;
-in che misura sarà riconosciuta la revisione dei prezzi (es. sarà riconosciuta la revisione dei prezzi solamente per l’eccedenza rispetto ai valori ISTAT … e comunque nella misura della metà);
-per quale periodo di tempo contrattuale potrà valere la revisione dei prezzi (Es. la revisione dei prezzi opera solo per gli importi dovuti futuri);
-quante volte potrà essere richiesta la revisione prezzi (Es. la revisione prezzi può essere chiesta una sola volta per anno);
-chi è il soggetto che può attivare le revisione prezzi e in che modo (Es. la revisione prezzi opera solamente su istanza dell’operatore economico debitamente motivata e corredata dall’indicazione puntuale delle variazioni rilevate …);
-la procedura (es. la revisione dei prezzi sarà riconosciuta solamente a seguito di apposita istruttoria .. dalla quale dovranno risultare confermate le variazioni affermate dall’operatore economico ..).
Si precisa che, a parere di chi scrive, la S.A. potrà valutare, dandone adeguata motivazione, di non prevedere la clausola di revisione dei prezzi (es. contratti ad esecuzione istantanea).
8. Può essere richiesta la revisione dei prezzi prima della stipula del contratto?
Rappresentando la revisione dei prezzi una modifica contrattuale ai sensi dell’art. 106 del Codice è logico ritenere che siffatto meccanismo possa attivarsi solo una volta stipulato il contratto.
In questo senso si è espresso il T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, Sez. I, con Sentenza n. 239 del 10.03.2022: “(…) l’istanza di revisione del prezzo è stata formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, ossia in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non era giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso.”
In senso analogo si è espresso recentemente anche il T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1343 del 10.06.2022 (11).
Da segnalare, però, che il T.A.R. Toscana, Sez. I, con Sentenza n. 228 del 25.02.2022, ha ammesso la revisione prezzi per una concessione nella fase tra l’aggiudicazione e la stipula: “In primo luogo perché essendo stata causata la considerevole dilatazione della durata di tale fase dal contenzioso instaurato da XXX deve trovare applicazione il generale principio secondo cui i tempi del giudizio non devono di per sé incidere sul rapporto controverso, non potendosi ammettere che la instaurazione di lunghi contenziosi possa assumere (anche in via indiretta ed involontaria) connotati strumentali che vadano oltre la reintegrazione delle posizioni soggettive lese.
In secondo luogo, militano a favore della soluzione accolta anche i principi di buona amministrazione ed economia delle risorse pubbliche: la indizione di una gara per l’affidamento della concessione di trasporto pubblico locale costituisce un impegno straordinario per l’amministrazione oltre a rispondere ad esigenze essenziali della collettività. Per questo i suoi esiti non possono essere vanificati in ragione di qualunque sopravvenienza che imponga una revisione delle condizioni contrattuali originariamente fissate, dovendosi pervenire alla sua reiterazione, così come in fase di esecuzione del contratto, solo se le modifiche assumano carattere essenziale. Ciò, tuttavia, nel caso di specie non accade. Sotto un primo profilo la delibera impugnata si è, infatti, limitata a dare applicazione all’adeguamento del corrispettivo all’aumento dei costi nei termini espressamente previsti dalla legge di gara (adeguamento che peraltro è stato espressamente richiesto sulla base dei medesimi presupposti anche dai gestori nel corso del periodo ponte fra cui la stessa XXX). Si è trattato quindi di una operazione non finalizzata a rimettere in discussione l’originario equilibrio del contratto messo a gara ma a conservarlo secondo un meccanismo noto e predeterminato. Anche gli interventi causati dalla emergenza covid costituiscono attuazione di meccanismi di riequilibrio previsti dalla legislazione regionale (L.R.T. 22 giugno 2020 n. 41) per far fronte ad una situazione eccezionale ed imprevedibile (e quindi non ascrivile all’ordinario rischio di gestione) che nel periodo in considerazione ha completamente alterato l’ordinario flusso della utenza. “
A parere di chi scrive il citato T.A.R. Toscana si è espresso in senso favorevole solamente in virtù della particolarità e dell’eccezionalità del caso di specie affrontato.
In generale, l’impostazione corretta è quella di riconoscere la revisione dei prezzi solamente una volta stipulato il contratto.
Risulterebbe infatti lesivo della par condicio competitorum riconoscere in generale il meccanismo della revisione dei prezzi prima ancora della stipula del contratto (12).
9. La giurisdizione sulla revisione prezzi.
Ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lett. e, punto 2, del Codice del processo amministrativo “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: Le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
Tuttavia occorre rilevare come la Corte di Cassazione, Sez. Unite, con Ordinanza n. 21990 del 12 ottobre 2020, abbia statuito che non sempre la giurisdizione sulla revisione dei prezzi spetti al Giudice Amministrativo.
Vi sono infatti dei casi in cui, essendo puntualmente definito nella clausola il meccanismo di revisione dei prezzi non residua alcuno spazio per l’esercizio della discrezionalità amministrativa e, di conseguenza, la giurisdizione è del Giudice Ordinario.
Questa schematicamente l’impostazione proposta dalla Suprema Corte.
-se non è prevista una clausola di revisione dei prezzi, la controversia ricade nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo
-se è prevista una clausola di revisione dei prezzi, è necessario vedere come tale clausola si atteggia.
-se il contenuto della clausola implica la persistenza di una discrezionalità della Stazione Appaltante, la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.
-se invece il contenuto della clausola individua puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, si rientra nella giurisdizione ordinaria.
Per cui la revisione prezzi rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo si veda: TAR Campania, Sez. V, n. 4095 del 16.06.2022 (13) , TAR Lombardia, Sez. IV, n. 117 del 19.01.2022, TAR Campania, Sez. V, 5934 del 17.09.2021, TAR Lazio, Sez. III-quater, n. 9211 del 13.08.2020, TAR Lazio, Sez. II, n. 10775 del 22.10.2020.
10. Revisione prezzi e proroghe contrattuali
Sul rapporto della revisione dei prezzi con le proroghe contrattuali si è recentemente espresso il T.A.R. Campania, Sez. V, n. 4095 del 16.06.2022: “Non appaiono fondate, viceversa, la seconda e la terza delle sollevate censure concernenti la pretesa di parte ricorrente a vedersi riconosciuto il diritto alla revisione dei prezzi anche con riferimento al periodo relativo alle asserite “proroghe tecniche” del contratto originario, dovendo essere condivise le contrarie difese al riguardo spiegate dall’azienda sanitaria, volte a negare il regime della proroga tecnica attesa l’intervenuta accettata rinnovazione del rapporto contrattuale.
Osserva, in generale, il Collegio come dalla natura imperativa dell’art. 115 cit. non possa automaticamente dedursi l’esistenza del diritto alla revisione dei prezzi ogni qualvolta sussista la proroga del termine previsto nell’originario contratto, dovendosi, invece, tenere conto anche dell’eventuale mutamento delle condizioni e del prezzo nuovamente negoziati dalle parti, configurandosi in tale ultima ipotesi una rinnovazione contrattuale come tale sottratta al regime revisionale.
Invero, il carattere imperativo di tale norma e la sua conseguente capacità d’imporsi sui patti contrari non può, infatti, comportare l’assoluta irrilevanza degli eventuali intervenuti accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente nuovamente l’originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario, che, dunque, viene a costituire solo il mero presupposto della rinegoziazione.
La revisione dei prezzi dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione si applica, infatti, soltanto alle proroghe contrattuali in senso proprio non anche a tutti gli atti, comunque successivi al contratto originario, con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione IV, 1° giugno 2010, n. 3474;Sezione III, 23 marzo 2012, n. 1687 e 11 luglio 2014, n. 3585).
Diversamente opinando, sarebbe, infatti, vanificata la ratio della norma che, come accennato, è quella di adeguare il prezzo determinato nell’originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell’appaltatore, che – a ben vedere – non sussistono allorquando il rapporto, nel rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, sia consensualmente rinegoziato e rinnovato, sicché, nelle ipotesi di rinegoziazione, la proroga del rapporto contrattuale si concreta nel rinnovo dello stesso, con la conseguenza che da ritenersi come riconsiderati gli
elementi essenziali del contratto, ivi incluso il prezzo, per tutto l’arco temporale del rapporto rinnovato (in termini, T.A.R.Sardegna, Sezione I, n. 45/2007).
Se, infatti, la finalità dell’istituto della revisione periodica dei prezzi nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa, come previsto dall’art. 115 d.lvo n. 163/2006, consiste nell’esigenza di assicurare un costante equilibrio tra le prestazioni dedotte in contratto, sì da mantenere inalterato il cd. sinallagma funzionale, ancorando il meccanismo di aggiornamento ad un parametro unitario di riferimento, quale è quello dei prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche
amministrazione rilevati dall’Istat, è evidente che esso non ha alcuna ragion d’essere laddove la prosecuzione del rapporto contrattuale trovasse la sua fonte in una rinnovata manifestazione di volontà negoziale delle parti, la quale sottende il riconoscimento della adeguatezza del corrispettivo pattuito ai fini della congrua remunerazione della prestazione contrattuale.
In particolare, al fine di distinguere tra proroga e rinnovo, la giurisprudenza amministrativa ha, poi, chiarito come la prima consista nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, ed il secondo comporti, invece, una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può anche concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali.
La rinnovazione si contraddistingue, pertanto, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni (Consiglio di Stato,Sezione VI, 7 maggio 2015, n. 2295), di talché, per il periodo in cui l’espletamento del servizio è proseguito in virtù di apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale, si determina uno iato con il contratto originario ed il nuovo periodo contrattuale si configura, pertanto, come autonomo rispetto al precedente. Di conseguenza, non può trovare applicazione il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale della ditta di rendere il servizio al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7959 del 30 novembre 2021; Consiglio di Stato, Sezione III, 18 dicembre 2015, n. 5779).
Ebbene, passando al caso in esame, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto ha assunto la ricorrente società, a partire dalla prima delibera di “proroga” (n. 90/2016), nonostante la formale qualificazione dell’atto adottato, non sia stata attuata la mera prosecuzione dell’originario rapporto contrattuale, avendo viceversa le parti inteso realizzare un’effettiva rinnovazione contrattuale, poiché la delibera de qua è stata adottata in applicazione del D.L. n. 78/2015,convertito in legge n. 125/2015.”
FRANCESCO BERTELLI
(1) peraltro si ricordi che nel Codice n. 163 del 2006, all’articolo 115 la revisione dei prezzi era già prevista come obbligatoria: ” Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5.”.
(2) Articolo 29, comma 1, lett. a), “Disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici”
(3) “Ciò peraltro non comporta che, in presenza di una espressa esclusione negli atti di gara di ogni ipotesi di revisione del prezzo, l’impresa appaltatrice rimanga sprovvista di mezzi di tutela nel caso in cui si verifichi un aumento esorbitante dei costi del servizio in grado di azzerarne o comunque di comprometterne in modo rilevante la redditività; nel corso del rapporto, infatti, anche in presenza di una previsione escludente della legge di gara, qualora si verifichi un aumento imprevedibile del costo del servizio in grado di alterare il sinallagma contrattuale rendendo il contratto eccessivamente oneroso per l’appaltatore, questi può sempre esperire il rimedio civilistico di cui all’art. 1467 c.c., chiedendo la risoluzione del contratto di appalto per eccessiva onerosità sopravvenuta, alle condizioni previste dalla norma e, ovviamente, con azione proposta dinanzi al giudice competente.”
Tuttavia sull’inquadramento dell’istituto della revisione prezzi interessante anche la Sentenza del T.A.R. Campania, Sez. V, n. 4095 del 16.06.2022 nella quale si valuta la compatibilità della revisione dei prezzi con l’articolo 106, comma 1, lett. c, del Codice dei contratti: “Invero, con riguardo a tali
ulteriori segmenti del rapporto contrattuale, la pretesa della parte
ricorrente, stante l’avvenuta rinnovazione del rapporto contrattuale, avrebbe
dovuto trovare riconoscimento in virtù della lettera c) dell’art. 106 comma 1
d. lgs. 50/2016, nelle more entrato in vigore.
Tuttavia, tale disposizione detta
una disciplina diversa da quella previgente.
L’art. 106 comma 1 lett. c) del
d. lgs. n. 50/2016 dispone che “I contratti di appalto nei settori ordinari e
nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di
affidamento nei casi seguenti: … c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti
condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari
dal comma 7:
1) la necessità di modifica è
determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione
aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche
all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso
d’opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di
nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od
enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;
2) la modifica non altera la natura generale del contratto”.
La norma, osserva il Collegio, disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare
“l’oggetto del contratto” attraverso “varianti in corso d’opera”, ossia “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15/11/2021, n. 7602), laddove invece, nel caso di specie, la domanda formulata dalla parte ricorrente
all’amministrazione sanitaria concerneva unicamente l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio.
D’altra parte, a tutto concedere, la ricorrente non ha provato la sopravvenienza di circostanze impreviste e
imprevedibili, limitandosi a documentare un aumento del costo del servizio che,
quand’anche consistente, deve essere “imprevedibile” per poter rientrare nella
citata previsione normativa, comunque inapplicabile alla fattispecie in esame,
alla stregua di quanto esposto.
La stessa giurisprudenza
formatasi sul previgente art. 115 d. lgs. 163/2006 – che, diversamente
dall’attuale art. 106 lett. a) d. lgs. 50/2016, prevedeva l’obbligo di
inserzione della clausola di revisione prezzi nei contratti ad esecuzione
continuata e periodica – esigeva la prova rigorosa della “imprevedibilità”
delle circostanze sopravvenute; e ciò sul rilievo che, “Anche se la clausola di
revisione dei prezzi deve essere obbligatoriamente inserita nei contratti ad
esecuzione continuata e periodica (art. 115, d.lgs. n. 163/2006), essa non
assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto di
durata, la quale costituisce proprio oggetto di specifico apprezzamento (al
momento della formulazione dell’offerta economica) dei concorrenti che
intendono concorrere alla gara d’appalto. Se indubbiamente il meccanismo deve
prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto
comparativo – per prevenire il pericolo di un’indebita compromissione del sinallagma
contrattale – il riequilibrio non si risolve in un automatismo perfettamente
ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o dei
quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di
indicizzazione” (T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. I, 03/07/2020, n. 504; TAR
Friuli-Venezia Giulia, 7 luglio 2021, n. 211)
Pertanto, con riguardo al periodo
decorrente dall’anno 2016, la domanda della ricorrente deve quindi essere
inquadrata correttamente nella previsione di cui alla lettera a) dell’art. 106
comma 1.”
(5) si veda l’articolo https://www.supportoappalti.com/2022/05/29/adeguamento-dei-prezzi-dei-contratti-di-lavori-ed-altre-amenita/
(6) Codice dei contratti, Articolo 106, comma 1, lett. a, ultimo periodo “Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208”.
articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208: “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche con riferimento ai contratti in corso a tale data, nei contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica stipulati da un soggetto aggregatore di cui all’articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, per l’adesione dei singoli soggetti contraenti, in cui la clausola di revisione e adeguamento dei prezzi sia collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati, qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale, come accertato dall’autorità indipendente preposta alla regolazione del settore relativo allo specifico contratto ovvero, in mancanza, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facoltà di richiedere, con decorrenza dalla data dell’istanza presentata ai sensi del presente comma, una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo medesimo. In caso di raggiungimento dell’accordo, i soggetti contraenti possono, nei trenta giorni successivi a tale accordo, esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 1373 del codice civile. Nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo le parti possono consensualmente risolvere il contratto senza che sia dovuto alcun indennizzo come conseguenza della risoluzione del contratto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1467 del codice civile. Le parti possono chiedere all’autorità che provvede all’accertamento di cui al presente comma di fornire, entro trenta giorni dalla richiesta, le indicazioni utili per il ripristino dell’equilibrio contrattuale ovvero, in caso di mancato accordo, per la definizione di modalità attuative della risoluzione contrattuale finalizzate a evitare disservizi.”
(7) magari prendendo in considerazione anche l’articolo 1664 del Codice civile. Ad esempio: “Questa Amministrazione, stante l’attuale contesto emergenziale, nell’ottica di garantire un’elevata qualità delle prestazioni contrattuali, ritiene insufficiente assumere come parametro per il riconoscimento della revisione dei prezzi il 10% previsto dall’articolo 1664 C.c. Pertanto ……”.
(8) Il fatto che sia da escludere l’applicazione delle norme sui lavori ai servizi non significa altresì che una Stazione Appaltante non possa scegliere, discrezionalmente, di prendere come riferimento del proprio processo decisionale alcune indicazioni normative previste per i lavori.
(9) “per i contratti relativi ai lavori, in deroga all’articolo 106, comma 1, lettera a), quarto periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, sono valutate dalla stazione appaltante soltanto se tali variazioni risultano superiori al cinque per cento rispetto al prezzo, rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, anche tenendo conto di quanto previsto dal decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilita’ sostenibili di cui al comma 2, secondo periodo. In tal caso si procede a compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il cinque per cento e comunque in misura pari all’80 per cento di detta eccedenza, nel limite delle risorse di cui al comma 7” (Articolo 29, comma 1, lettera B del D.l. 27 gennaio 2022 n. 4).
(10) Art. 213, comma 3, lett h-bis del Codice dei contratti: “Nell’ambito dei poteri ad essa attribuiti, l’Autorità: al fine di favorire l’economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, provvede con apposite linee guida, fatte salve le normative di settore, all’elaborazione dei costi standard dei lavori e dei prezzi di riferimento di beni e servizi, avvalendosi a tal fine, sulla base di apposite convenzioni, del supporto dell’ISTAT e degli altri enti del Sistema statistico nazionale, alle condizioni di maggiore efficienza, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, avvalendosi eventualmente anche delle informazioni contenute nelle banche dati esistenti presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici.”
(11) ” (..) non può omettersi di considerare come la pretesa rimodulazione dei corrispettivi prima della stipula del contratto (e, quindi, in una fase differente dell’esecuzione) alteri il confronto tra gli operatori (tanto più in ragione delle chiare previsioni della lex specialis sopra riportate) finendo per “premiare” il concorrente che indica il prezzo maggiormente competitivo (anche senza quella necessaria prudenza che si richiede ad un soggetto qualificato e da tempo operante nel mercato), salvo poi predicare l’insostenibilità delle condizioni originarie del contratto, determinate anche in ragione delle proprie offerte. Va poi considerato come non vi sia alcuna regola o principio che possa supportare la pretesa ad ottenere una commessa alterando prima della stipula le condizioni economiche a cui lo stesso operatore si vincola nella formulazione dell’offerta. Le mutate condizioni del mercato che rendano non remunerativa l’offerta possono legittimare un ritiro dell’operatore dalla gara o, come nel caso di specie, la non accettazione della stipula ma non supportare la pretesa ad ottenere la commessa a prezzi differenti e senza riapertura di un nuovo dialogo competitivo. Nè risultano evocabili gli istituti posti a governo delle sopravvenienze contrattuali che, per l’appunto, riguardano la fase di esecuzione del contratto e le alterazioni che possono generarsi nel corso della durata del negozio ma non si riferiscono invece ad una fase antecedente alla stipula ove l’eventuale insostenibilità si traduce nella possibilità di non sottoscrivere il contratto.”.
(12) in tal senso T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1343 del 10.06.2022.
(13) “Ebbene, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, la giurisdizione appartenga al giudice amministrativo, alla luce dell’art.133, comma 1, lett. e), n. 2, del c.p.a. che devolve “alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo… le controversie… relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
L’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di revisione dei prezzi ha, infatti, per l’effetto, definitivamente assunto -in ragione del concorso di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo – una portata ampia e generale, includendo ogni controversia concernente la revisione dei prezzi di un contratto di appalto, compreso il profilo del quantum debeatur (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 1937/2019), con definitivo superamento di quel tradizionale orientamento interpretativo secondo il quale al giudice amministrativo spettavano le sole controversie relative all ‘an della pretesa alla revisione del prezzo, mentre competevano al giudice ordinario le questioni inerenti alla quantificazione del compenso.
Né a conclusioni diverse può pervenirsi sulla base del recente arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui “In tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche, l’ampia e generale portata assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto del disposto dell’art. 244 del d.lgs. n. 163 del 2006, prima, edell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., poi, nella quale rientra ogni controversia concernente detta revisione, compreso il profilo del “quantum debeatur”, incontra un limite nel solo caso in cui sia in contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all’an ed al quantum del corrispettivo (benché le parti controvertano nell’interpretazione della clausola quanto al secondo profilo). È di tutta evidenza che in tale fattispecie la controversia concerne l’espletamento da parte dell’appaltatore di una prestazione già puntualmente convenuta e disciplinata (anche in ordine al quantum) con il contratto, con la conseguenza che essa ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria”. In tali ipotesi la domanda rinviene la sua ragione nel contratto, in relazione al quale la P.A. si trova in una situazione paritetica e, concernendo la controversia un diritto soggettivo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass., sez. un., n. 14559 del 2015, in motivazione; n. 6595 del2009)” (in tal senso, l’ordinanza del 1° febbraio 2019, n. 3160; nonché, in termini, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V,n. 1949/2019 e n. 566/2019, nonché T.A.R.
Lombardia, Milano, Sezione IV, n. 764/2019).
Invero, nel caso di specie, parte ricorrente ha chiarito come l’adeguamento revisionale del canone sia stato invocato, non già e non tanto ai sensi del citato art. 19 del capitolato speciale di appalto, bensì facendo valere, per contro, l’attivazione del meccanismo di adeguamento revisionale del canone contrattuale previsto dall’art. 115 del d.lgs. 163/2006 e la determinazione del quantum, alla luce del prospetto suggerito.”
(14) sul punto si veda il parere A.N.AC. n. 20 del 2022 per cui l’articolo 1664 c.c., in ragione della specialità dell’articolo 106 del Codice, non può operare per gli appalti pubblici