(*lettura, semiseria, consigliata solo a tecnici o appassionati di percorsi ad ostacoli)
Nel quotidiano lavoro all’interno del settore lavori pubblici di un normale comune italiano capitano sempre più spesso situazioni di sconcerto, confusione, impotenza, frustrazione.
Ma a volte tutte queste sensazioni sfociano nell’ilarità, come quando un collega geometra, alle prese con una richiesta di adeguamento prezzi di un contratto in corso, mi chiede, con un sorriso beffardo, se so a quanti metri cubi di muratura corrispondono mille mattoni. E, badate bene, non sta mettendo in dubbio la mia capacità di convertire unità di misure diverse, ma sta cercando in me, notoriamente dotata di buonsenso, una giustificazione ad una operazione che lui considera illogica. E, di fronte alla mia ovvia risposta, “Dipende, perché?” parte la spiegazione con contorno di amara ironia.
Già, perché nel Decreto MIMS del 4 aprile 2022 (GURI n. 110 del 12 maggio 2022), contenente la “Rilevazione delle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all’8 per cento, verificatesi nel secondo semestre dell’anno 2021, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi” (ma anche nel precedente decreto dell’11 novembre e relativo al primo semestre 2021) una delle voci di prezzo rilevato è quella dei “Mattoni in laterizio forati”, con unità di misura, appunto, di 1000 pz. E che c’è di strano, penserete voi? Nulla, salvo che nei prezziari regionali, e in quelli usati nei nostri progetti, la muratura viene computata al metro cubo e non al “numero di mattoni utilizzati”.
E quindi ecco partire la caccia all’algoritmo più adatto per convertire le suddette diverse unità di misura, con l’aggravante del “dipende” legato alle diverse dimensioni e tipologie del suddetto mattone laterizio forato (googlare per credere!). Per non parlare degli appalti a corpo, ove la ricostruzione dell’incidenza e della relativa compensazione risulta oltremodo complessa. Niente di impossibile, per carità; solo l’ennesima complicazione in questo periodo già difficile fatto di rincorse ai bandi del PNRR, di cacce disperate alla ricerca di imprese disponibili (e serie? vabbè, anche no, tocca rischiare, la guerra è guerra!) per partecipare alle gare ed eseguire i lavori, di somme per integrare i quadri economici di progetti chiusi a dicembre e diventati più inadeguati di un telefono a disco, di comprendere se e quando determinati materiali saranno effettivamente disponibili per i cantieri in corso, se posso concedere una sospensione, che dirà ANAC o il secondo classificato se supero il quarto contrattuale…
In tutto questo, anche la difficoltà di trovare la norma corretta (ed il giusto procedimento) per analizzare e istruire le diverse riserve iscritte in contabilità o richieste di compensazione che arrivano da parte dei nostri appaltatori.
Lavorando con i colleghi RUP, ho provato a mettere in fila le norme che si sono succedute nell’ultimo anno, per ricostruire le diverse ipotesi di adeguamento dei prezzi e i relativi riferimenti normativi.
La normativa previgente
Fino al 25 luglio 2021 (data rilevante, come vedremo, ai sensi della legge di conversione del d.l. 73/2021) nei contratti di lavori in corso, se di durata superiore ad un anno, potevamo trovare:
– il meccanismo di adeguamento del cd. “prezzo chiuso” per i contratti sottoscritti in vigenza del d.lgs. 163/2006 e regolati ai sensi del relativo art. 133;
– una clausola di adeguamento inserita ai sensi dell’art. 106, comma 1 lett. a) del d.lgs. 50/2016 e che consentiva di valutare gli scostamenti (sempre per i periodi che vadano oltre l’anno solare di presentazione dell’offerta) dei prezziari per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e di riconoscerli comunque in misura pari alla metà;
– una clausola di divieto di revisione dei prezzi.
La scelta, del legislatore dell’ultimo Codice dei contratti, di lasciare nella disponibilità della stazione appaltante la scelta se inserire o meno, nei contratti, una clausola di revisione periodica del prezzo era stata ritenuta corretta e compatibile anche con il diritto comunitario (Sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 aprile 2018, causa C 152/17) ed in particolare con le direttive del 2004.
La pandemia e la crisi dei materiali del 2021
A seguito dell’emergenza sanitaria prima, e della crisi causata dalla fiammata dei prezzi dei materiali in seguito (determinata dalla contemporanea presenza di una forte ripresa economica, della crisi ucraina e, in Italia, anche dall’aumento della domanda conseguente delle misure della ricostruzione post-sisma del centro Italia e dell’Ecobonus), il legislatore si è visto costretto ad adottare una serie di norme emergenziali a colpi di decretazioni d’urgenza.
Art. 1-septies del d.l. 73/2021, conv. nella l. 106/2021
Il primo intervento normativo, avvenuto con il cd. Decreto “Sostegni-bis”, prevedeva che, per i contratti in corso di esecuzione alla data del 25 luglio 2021 (entrata in vigore della legge di conversione) con decreto ministeriale, da emanare entro ottobre 2021, si rilevassero gli scostamenti, superiori all’8% (e non più al 10%) dei singoli prezzi dei materiali da costruzione considerati più significativi e che le amministrazioni provvedessero a computare e a riconoscere alle imprese le compensazioni percentuali, al netto dell’alea e per intero, sulle lavorazioni eseguite nel primo semestre 2021.
Era previsto quindi:
– un decreto per la rilevazione dei prezzi dei materiali (avvenuta con il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile dell’11 novembre 2021, contenente la rilevazione delle variazioni percentuali, in aumento e in diminuzione, superiori all’8% dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi, verificatesi nel primo semestre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 23/11/2021)
– un decreto per stabilire le modalità per accedere, da parte delle stazioni appaltanti, alle risorse del fondo straordinario (Modalità accesso fondo 1^ semestre 2021 Decreto MIMS 30 settembre 2021, GU n.258 del 28/10/2021).
L’istanza per la compensazione doveva essere presentata dall’appaltatore entro il termine perentorio di 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del suddetto decreto materiali.
Per riconoscere la compensazione la stazione appaltante può fare ricorso alle seguenti risorse:
– fino al 50% della voce imprevisti del quadro economico;
– altre somme a disposizione, rimodulandole e al netto degli impegni già assunti;
– ribassi d’asta (se non vi è vincolo al collaudo o di restituzione al finanziatore);
– risparmi ed economie di altre opere concluse (e quindi solo fondi a competenza, no economie da Fondo Pluriennale Vincolato per le quali occorre aspettare il consuntivo).
Solo in caso di insufficienza delle suddette risorse la stazione appaltante, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla pubblicazione del decreto dell’11 novembre 2021 poteva presentare l’istanza di accesso alle risorse straordinarie stanziate dal decreto “Sostegni-bis”.
Il Ministero ha dato indicazioni per cercare di aiutare le stazioni appaltanti nei calcoli con la Circolare del 25 novembre 2021.
Art. 1, commi 398 e 399 l. 234/2021
Con la legge di bilancio 2022 l’ambito oggettivo di applicazione del suddetto art. 1-septies del d.l. 73/2021 è stato modificato, ampliando il periodo valutabile anche al secondo semestre 2021 e prevedendo ulteriori decreti ministeriali, sia per la rilevazione delle variazioni che per determinare le modalità di accesso al fondo straordinario, ulteriormente incrementato.
Sono stati di conseguenza emanati:
– il decreto materiali (Decreto MIMS del 4 aprile 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 110 del 12/05/2022);
– un nuovo decreto per stabilire le modalità per accedere alle risorse straordinarie, in caso di carenza di fondi propri (Decreto MIMS del 5 aprile 2022 recante le “Modalità di utilizzo del Fondo per l’adeguamento dei prezzi dei materiali da costruzione” in Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30/04/ 2022).
Il termine perentorio di 15 giorni per l’istanza dell’appaltatore rimane lo stesso (entro il 27 maggio 2022) mentre l’Amministrazione ha ora 45 giorni (sempre da computarsi dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto materiali del secondo semestre) per presentare la richiesta di riparto dei fondi, che avviene ora utilizzando apposita piattaforma telematica (link https://compensazioneprezzi.mit.gov.it). La compensazione prezzi del secondo semestre 2021 è riconosciuta sempre per i contratti che erano in corso d’esecuzione alla data del 25 luglio 2021 ed è computata al netto dell’alea dell’8% (per le offerte riferite all’anno 2020) o del 10% (per le offerte presentate negli anni precedenti al 2020).
Art. 29 del d.l. 4/2022 conv. nella l. 24/2022
Al fine di provare a dare sistematicità al sistema degli adeguamenti, con l’art. 29 del decreto “Sostegni-ter” si interviene con una modifica regime, prevedendo l’obbligo per le stazioni appaltanti, per le procedure di gara avviate dal 27 gennaio 2022 e fino a tutto il 31 dicembre 2023, di inserire nei bandi (e quindi nei contratti) una clausola di revisione dei prezzi che intervenga, in caso di variazioni dei prezzi superiori al 5%, con una compensazione riconosciuta nella misura dell’80% della relativa eccedenza.
La norma prevede un sistema di rilevazione appositamente studiato dall’ISTAT e l’emanazione di due decreti ministeriali infra-annuali (rispettivamente entro il 31 marzo ed il 31 ottobre) in relazione alle rilevazioni del semestre precedente.
Art. 25 d.l. 17/2022 conv. nella l. 34/2022
Al fine di venire incontro fin da subito all’aumento ulteriore dei materiali, anche in relazione agli appalti avviati dopo il 25 luglio 2021, con l’art. 25 del cd. “decreto Energia” si interviene sui contratti in corso alla data del 2 marzo 2022 e per le lavorazioni contabilizzate nel primo semestre 2022. La compensazione è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate sotto la responsabilità del direttore dei lavori nel libretto delle misure, dal 1° gennaio 2022 fino al 30 giugno 2022, le variazioni in aumento o in diminuzione, dei relativi prezzi rilevate dal solito decreto ministeriale, e con riferimento alla data dell’offerta, eccedenti l’8%, se riferite esclusivamente all’anno 2022, ed eccedenti il 10 % complessivo se riferite a più annualità. Ma questo regime ha avuto vita breve.
Art. 26 d.l. 50/2022 (in vigore 18 maggio 2022) (cd. Decreto Aiuti)
Di fronte all’evidenza di un sistema (quello del metodo ISTAT e dei decreti ministeriali) inadeguato e non in grado di rispondere tempestivamente alle pressanti esigenze di liquidità e di ristoro rappresentate dalle imprese, il metodo della compensazione è stato oggetto di un ulteriore intervento normativo, che sposta ora sulle Regioni l’obbligo di adeguare i prezzari regionali ogni sei mesi e, per il primo semestre 2022, entro il 31 luglio mentre le stazioni appaltanti debbono riconoscere, fin da subito, un aumento, fino al 20%, dei materiali contabilizzati nell’intero anno 2022, in pendenza dei suddetti adeguamenti. Il sistema precedente impostato dall’art. 25 del d.l. 17/2022 viene pertanto abrogato.
In base pertanto all’art. 26 del cd. “decreto Aiuti” ad oggi, per i contratti di lavori pubblici aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori relativo alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3 (aumento fino ad un massimo del 20% dei prezzari aggiornati al 31 dicembre 2021) . I maggiori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari, computati al netto dei ribassi offerti, sono riconosciuti dalla stazione appaltante nella misura del 90 per cento, e nei limiti delle solite risorse disponibili (imprevisti, economie, ecc.), nonché di quelle trasferite alla stazione appaltante a seguito dell’accesso ai fondi straordinari previsti dal comma 4 del citato art. 26.
Qualora il SAL sia già stato redatto e sia stato emesso anche il relativo certificato di pagamento, per le lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio 2022 e la data di entrata in vigore del decreto (il 18 maggio 2022), deve essere emesso, entro trenta giorni dalla medesima data (e quindi entro il 18 giugno 2022), un certificato di pagamento straordinario recante la determinazione, secondo le modalità di cui sopra, dell’acconto del corrispettivo di appalto relativo alle lavorazioni effettuate e contabilizzate a far data dal 1° gennaio 2022. In tali casi, il pagamento è effettuato entro i termini soliti (art. 113-bis del Codice) e a valere sulle risorse proprie.
Anche per gli appalti da avviare, le stazioni appaltanti, in attesa dell’adeguamento dei prezzari regionali, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del Codice, incrementano fino al 20% i prezzari regionali aggiornati alla data del 31 dicembre 2021.
Di fatto viene inserito un nuovo regime per gli appalti con procedure avviate dal 18 maggio 2022 e per tutto il 2022, sia per i prezzi che per la revisione: l’obbligo di inserimento della clausola di revisione ai sensi l’art. 29 del d.l. 4/2022 ma applicazione di una “revisione semestrale” sulla base dei prezzari adeguati dalle Regioni o dai Provveditorati per tutto il 2022.
Piccola nota polemica: ma se ISTAT e Ministero non sono riusciti a fare rilevazione e decreti tempestivi, potranno le Regioni, alcune delle quali già in affanno con i prezzari annuali, riuscire ad emanarne due in un solo anno?
Di fronte a tale prospettiva, per le lavorazioni effettuate dal 1^ gennaio al 18 maggio 2022 avremo 3 certificati di pagamento:
– uno effettuato sulla base della contabilità redatta conformemente alle previsioni contrattuali o ai prezzi magari prudenzialmente aggiornati in base ai dati rilevati nel decreto MIMS del secondo semestre 2021;
– uno straordinario adottato entro il 18 giugno con gli aumenti parametrici previsti dall’art. 26 del decreto Aiuti;
– un terzo da redigere a conguaglio dopo l’adozione dei prezzari regionali adeguati.
E a questo punto lo sconforto supera di gran lunga la breve ilarità…
MARIA TERESA MASSI