Il Parlamento Italiano ha (finalmente) approvato, con legge 09 marzo 2022, n.22, le norme che inseriscono nel codice penale un nuovo titolo, rubricato “dei delitti contro il patrimonio culturale” e contenente una serie di reati dall’art. 518 bis all’art 518 duodevicies, relativi a fattispecie penali sino ad oggi ignorate o poco tutelate. Si tratta di una norma in discussione dal 2017 ma approvata soltanto oggi, dopo che l’Italia ha ratificato, il 12 gennaio, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, (firmata a Nicosia il 19 maggio 2017). La Convenzione impegna gli stati aderenti ad emanare e far rispettare una serie di che attribuiscano una gravità specifica ai reati commessi a danno dei beni culturali e che risultino efficaci e concretamente dissuasive attraverso l’introduzione di pene detentive e pecuniarie più severe (ad es., il furto di beni culturali è punito con la reclusione fino ad 8 anni e il saccheggio di beni culturali con la reclusione fino a 18 anni) .
In particolare si introducono fattispecie di reato quali il furto di beni culturali, che si ricorda, ricomprende i i beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini; l’appropriazione indebita, la ricettazione, il riciclaggio, l’autoriciclaggio di beni culturali.
Vengono in generale innalzate le pene edittali vigenti, considerando che il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla semplice proprietà privata; si modifica il decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.
In questo ambito, due norme risultano significative per le amministrazioni territoriali e per gli enti deputati alla tutela dei beni ambientali: l’art. 518 duodecies , punisce con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000 chi distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui. Chi deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è invece punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000.
Si tratta di una norma che interviene in modo puntuale e, si spera, incisivo, a tutela dei monumenti, dei centri storici, ma anche dei beni paesaggistici affidati ad esempio ai parchi nazionali. Un aspetto che dovrebbe favorire l’efficacia della disposizione legislativa può derivare dalla precisazione che la sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Il successivo art. 518-terdecies, rubricato, “Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici” stabilisce invece che chiunque commette fatti di devastazione o di saccheggio aventi ad oggetto beni culturali o paesaggistici ovvero istituti e luoghi della cultura è punito con la reclusione da dieci a sedici anni. Sempre in relazione ai beni paesaggistici ed ambientali, è ora consentito agli addetti alla sorveglianza di un’area protetta che colgono taluno in flagranza a commettere il reato di distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto, di poter sequestrare quanto adoperato per commettere l’illecito, anche al fine di evitare l’aggravamento o la continuazione del reato. Anche in questo caso il responsabile e’ obbligato a provvedere alla riduzione in pristino dell’area danneggiata, ove possibile, e comunque e’ tenuto al risarcimento del danno.
DOTT. ANTONIO BERTELLI