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Nuove norme sul subappalto: è ora possibile subappaltare il 99% delle prestazioni?

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La necessità di evitare le conseguenze della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione UE ha indotto il nostro legislatore ad apportare numerose correzioni all’articolo 105 del Codice dei Contratti, di disciplina del subappalto.
Le norme in questione (art.49, legge n. 108 del 2021 e art. 10, comma 1, legge n. 238 del 2021) hanno, quale corollario, l’attribuzione alle stazioni appaltanti del compito di valutare, caso per caso, ove sia opportuno limitare il ricorso al subappalto.
A loro volta le stazioni appaltanti operano in base ai tre seguenti principi fondamentali: 
1. La restrizione del subappalto è una limitazione della libertà di organizzazione imprenditoriale e deve essere oggettivamente giustificata e motivata nella determina a contrarre e nei documenti di gara;
2. Occorre indicare nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario ed eventualmente prevedere, ai sensi dell’art. 89,comma 4 del codice, che taluni compiti essenziali siano da questo direttamente svolti;
3. non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto d’appalto e l’affidamento a terzi dell’integrale esecuzione dell’appalto è sanzionato con la nullità del relativo contratto.
Ne consegue una inversione di 180 gradi rispetto alla normativa precedente:
laddove, erano stabilite, per legge, le quote subappaltabili, troviamo, ora, indicazioni, a cura delle singole stazioni appaltanti, da motivare adeguatamente, circa le parti del contratto che non possono essere subappaltate.
La norma vieta solo l’integrale esecuzione delle prestazioni, cioè, in percentuale, subappalti al 100%.
Ci si domanda allora: sono possibili subappalti al 99%, o al 95% o comunque di quote quasi omnicomprensive delle prestazioni dovute?
La norma, invero, fornisce alle stazioni appaltanti alcuni strumenti atti a limitare il ricorso molto esteso al subappalto: nei lavori, la categoria prevalente (la norma parla di “categorie prevalenti” ma la categoria prevalente è definita nel codice al singolare: quella di importo più elevato) e, più in generale, nei contratti ad alta intensità di manodopera, la prevalente esecuzione delle prestazioni non può essere affidata a subappaltatori. Inoltre il subappalto può essere limitato per ragioni tecniche, per garantire maggiori tutele e sicurezza ai lavoratori, per prevenire infiltrazioni criminali.
Poiché nei lavori una categoria prevalente c’è sempre, e nei servizi è molto frequente che i costi della manodopera siano superiori al 50% le fattispecie dove, nel concreto, siano possibili subappalti molto estesi sono limitate. Limitate ma sussistono casi: ad esempio i servizi relativi a prestazioni intellettuali, i servizi assicurativi, il servizio di broker: in tali servizi, per la natura delle prestazioni richieste, a rigore, non si può nemmeno parlare di “manodopera”; anche i servizi di lavanderia, i servizi di copisteria, i servizi di smaltimento rifiuti speciali, ed in genere i servizi svolti con l’ausilio di macchinari ed infrastrutture che esigono ammortamenti significativi non hanno o potrebbero non avere il carattere di sevizi ad alta intensità di manodopera. Per questi contratti è possibile consentire subappalti , diciamo, oltre il 90% del loro valore?
La risposta non è semplice: per costruirla occorre a mio avviso inquadrare i due contratti, l’appalto e il subappalto, e ciò al fine di metterne a fuoco le relative obbligazioni.
Come sappiamo l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo di un prezzo. L’appalto si distingue dal contratto d’opera in quanto l’appaltatore non deve personalmente occuparsi del compimento delle opere o prestazioni commissionate, ma può servirsi delle propria organizzazione e gestirla al fine di garantire il risultato alla stazione appaltante.
Dunque, nell’ambito della propria organizzazione, l’appaltatore può fare ampio uso di contratti di subappalto: purché mantenga su di sé l’organizzazione dei mezzi necessari e si assuma il rischio economico dell’appalto.
La nozione di appalto si trova anche nella Direttiva 2014/24 UE , che la intende in senso ampio, per tutti i casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici ottengono “vantaggi dei lavori, delle forniture o dei servizi”, attraverso una selezione di mercato e la stipulazione di un contratto oneroso.
Il subappalto è invece il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (art.105 codice dei contratti).
Il tipo contrattuale del subappalto (come ben evidenziato dalla Corte Costituzionale, sentenza n.91/2022) è un subcontratto che si dirama dal modello dell’appalto e presenta, le stesse obbligazioni tipiche dell’appalto e cioè il compimento «con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio» di un’opera o di un servizio «verso un corrispettivo in denaro» (art. 1655 del codice civile).
Il subappaltatore risponde della sua esecuzione nei confronti del subappaltante mentre quest’ultimo rimane responsabile verso il committente.
In ciò si distinguerebbe il subappalto dalla cessione del contratto: nel subappalto, appaltatore affida ad un terzo parte della prestazione ma, dinanzi alla stazione appaltante, mantiene la responsabilità del risultato e il rischio economico dell’appalto; nella cessione del contratto l’appaltatore sostituisce sé con un terzo nei rapporti derivanti dal contratto d’appalto.
Peraltro, va incidentalmente precisato che l’evoluzione normativa ha oramai previsto anche la responsabilità solidale del subappaltatore e dell’appaltatore verso il committente (art. 105, comma 8, codice dei contratti).
Ma, nella sostanza, un subappalto del 99% non risulterebbe elusivo della norma che non consente la cessione del contratto? Non saremmo, in altri termini, nella situazione nella quale, un contratto di subappalto produce in realtà gli effetti di una cessione del contratto, mediante la traslazione del rischio e l’obbligazione di organizzazione dei mezzi interamente a cura del subappaltatore? Se così fosse ci troveremmo dinanzi ad un contratto sanzionato dalla nullità, ai sensi dell’art.105, comma 1, del codice dei contratti.
A mio avviso e per concludere, occorre tener conto, oltre che dell’aspetto quantitativo (quale percentuale di prestazioni è oggetto del subappalto) anche di un criterio qualitativo: la qualità (oltre che la quantità) delle prestazioni che l’appaltatore deve fornire direttamente e personalmente per mantenere su di sé, nei confronti della stazione appaltante, l’organizzazione di fattori produttivi e il rischio imprenditoriale.
Non semplice operazione, ma ineludibile, considerata l’attuale normativa in materia di subappalto.
Termino con due indicazioni concrete: la prima attiene ai documenti di gara ed in particolare al capitolato che dovrebbe contenere una chiara clausola in materia di subappalto ove si indicano le prestazioni essenziali al fine di mantenere la responsabilità organizzativa complessiva dell’appalto in capo all’appaltatore; la seconda riguarda l’esame del contratto di subappalto dal quale non deve emergere, nemmeno implicitamente, che l’appaltatore carichi i subappaltatori del rischio economico dell’appalto, garantendosi sic et simpliciter un lucro derivante dal ribasso che il subappaltatore ha riconosciuto all’appaltatore rispetto al prezzo di aggiudicazione.

Secondo la mia opinione un subappalto al 99% può costituire, dal punto di vista sostanziale, una cessione del contratto, come tale da considerarsi illecita e sanzionata con la nullità
L’appaltatore deve comunque organizzare, dirigere, secondo le proprie scelte tecniche ed economiche il processo produttivo assumendo su di se il relativo rischio.

DOTT. ANTONIO BERTELLI

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